«Che bello sarebbe se uno dei nostri bambini da grande diventasse un ricercatore e ci aiutasse a guarirne tanti altri». Il desiderio di Andrea Camporese, secondo presidente della Fondazione Città della Speranza dopo lo «storico» Franco Masello e prima dell’attuale, Stefania Fochesato, si è avverato.
Una ragazzina di 14 anni, a suo tempo malata di leucemia e seguita nel reparto padovano di Oncoematologia pediatrica sostenuto da questa magica unione benefica di privati, ce l’ha fatta. Oggi Elena Donazzolo, chimica, è una delle prime ricercatrici che lavorerà nella torre della ricerca pediatrica costruita a Padova dalla Fondazione, che le paga una borsa di studio. «Per me è un’emozione fortissima, un sogno diventato realtà», confessa lei. E poi c’è Guido Dal Pozzo, socio fondatore che dieci anni dopo è diventato anche «utente». «Nell’aprile 2004 a mia nipote Eleonora, di appena un anno, venne diagnosticata la leucemia — rivela — oggi sta bene, l’ultimo controllo l’ha superato venerdì». C’è Virgilio Zilio, il papà del piccolo Massimo morto nel 1985 e ispiratore della grande avventura, che ha regalato un frigo da 420 litri al reparto dell’allora primario Luigi Zanesco, altra figura mitica insieme al successore Modesto Carli e alla caposala di una vita Teresa Volpato, c’è Maria Luisa De Stefani, che organizzò la prima cena di raccolta fondi e mise insieme donazioni per 450 milioni di lire, c’è Santina, che disegnò il logo della Fondazione con gli evidenziatori dell’ufficio, e c’è l’allevatore capace di devolvere alla causa il ricavato della monta di un cavallo. E’ fatta di vite, passione, generosità, tenacia, la storia dei primi 18 anni della Città della Speranza, nata il 16 dicembre 1994 per costruire il nuovo reparto di Oncoematologia pediatrica di Padova, all’epoca fatto solo di sei stanzette da 1/2 letti, dove le mamme stavano su sdraio ripiegabili. Missione compiuta nel 1996 e seguita da Day Hospital e Pronto soccorso pediatrici, dal finanziamento di un milione di euro all’anno per 10 anni alla ricerca, fino all’inaugurazione della torre. Il più grande centro europeo per la ricerca pediatrica.
Una corsa senza fiato, a caccia di fondi salvavita che impegna per 365 giorni all’anno migliaia di volontari, coordinati dal gruppo storico di imprenditori padovani e vicentini che iniziarono con i 350 milioni di lire portati in dote dall’azienda per cui lavorava Masello. E che quell’anno decise di eliminare i regali di Natale ai clienti per aiutare i medici e la ricerca e guarire i bambini dalle leucemie. «La Fondazione non è mai stata lacrime — commenta Camporese — ma voglia di combattere e vincere. Nel 1968 un piccolo malato su 100 guariva, oggi sono 8 su 10». E oggi c’è la Fondazione Cariparo che finanzia un bando di ricerca da 10 milioni in 10 anni. Ma il lavoro è tanto e Masello «ci prova»: «Lancio un appello agli imprenditori padovani e vicentini perchè comprino un piano ciascuno della torre. E’ costata 32 milioni, ne abbiamo 12 di debiti e lì dentro c’è il futuro di tutti».
Michela Nicolussi Moro – Corriere del Veneto – 16 dicembre 2012