Tosi candidato premier, Calderoli frena. Il sindaco di Verona ha l’ok di Maroni
Carroccio diviso tra sodali e perplessi Formigoni: «Ticket con Meloni al 9%». Sfida padre e figlia del ventennale marchio Berlusconi. Sfida parte del suo passato, spolverandosi di dosso quella che in qualche intervista ha chiamato «zavorra», correggendo gli eccessi del resto del partito a suon di ammonizioni, espulsioni e scuse pubbliche.
Flavio Tosi, segretario della Liga Veneta, è uscito allo scoperto. Si candida a leader del centrodestra, con le spalle coperte da Roberto Maroni, aprendo due porte nella sua ascesa: inaugurando su scala nazionale il «modello Verona» (il candidato leghista che piace oltre la Lega) e sconfinando volontariamente nel terreno-tabù del Pdl, la casa dei vicini all’interno della coalizione.
Dovrà vedersela probabilmente con Matteo Renzi, sindaco di Firenze e candidato in pectore del centrosinistra. Ha creato una Fondazione, proprio per istituzionalizzare la sua «Lista Tosi allargata» che a settembre lancerà la prima convention («Si terrà in una città del Nord») e poi chiederà primarie aperte.
«Questo progetto serve ad allargare anche i confini della Lega – ribadisce in questi giorni, dedicandosi alla semina estiva del suo nuovo appezzamento politico -. Io sono diventato sindaco anche e soprattutto grazie a chi non votava Lega. Contano le persone, i progetti. Noi metteremo il nostro sul sito, aperto ad adesioni e proposte, useremo molto la rete».
Lui, che fino a poco tempo fa era accusato dal padre fondatore della Lega, Umberto Bossi, di «aver riempito il movimento di fascisti», ora vine visto come simbolo del Carroccio moderato e moderno, e si gode le sfuriate crescenti del suo maestro in difficoltà. E proprio ad Umberto, storico protagonista ferragostano di proclami in canottiera, Flavio in questi giorni ruba la scena, corteggiato no-stop da tutti i quotidiani di opinione, che utilizza per favorire la «mutazione genetica» (come la chiamano a Verona) di una Lega indebolita, ormai spogliata di tanti riti, da formule che forse sono invecchiate nello spray dei muri di provincia. «Berlusconi prenda atto della sua condanna e dell’incandidabilità – spiega Tosi -. Il nuovo leader della coalizione dovrà essere scelto dalle primarie. Io mi candido».
Uno schiaffo in faccia al mondo opaco dei lunghi negoziati politici. I big veneti del Carroccio sono già in fibrillazione: non si espongono, cercano di carpire qualche anticipazione trincerandosi dietro un «no comment».
«L’ipotesi di Tosi candidato alla leadership del centrodestra non è mai stata discussa in consiglio federale né in segreteria, non se ne è mai parlato», frena Roberto Calderoli; «Flavio è un ottimo candidato per le primarie, è ora che decida la base», gli fanno eco i leghisti emiliani. «Un’opportunità che il centrodestra deve saper cogliere» incalza Matteo Salvini. Ma in mezzo malumori e diffidenze dalle sezioni venete. «La sua è una scelta legittima – è uno dei pochi ad esporsi Gianantonio da Re, sindaco di Vittorio Veneto -. A prescindere dalle nostre diversità di vedute sulla gestione del partito, io lo sosterrò, come ho sostenuto Berlusconi. Bisogna saper tenere distinti il piano partitico interno dal resto».
L’ex dg Rai Alfredo Meocci, alcuni giorni fa, ha lanciato il ticket Flavio Tosi-Giorgia Meloni («Sono giovani, preparati, amati: uno prende voti al Nord, l’altra soprattutto al Centrosud») subito sposato dai Fratelli d’Italia di Verona (guidati da Ciro Maschio) e da Vicenza (guidati da Marco Mioli), seguiti dal «generale» Ignazio La Russa, che «benedice» la coppia. «Con Giorgia ho un buon rapporto – spiega Tosi – Meocci fa un ragionamento geografico e generazionale che ci sta». Nel giro di qualche ora la Meloni ricambia con un tweet: «Caro Flavio, ci vediamo a settembre ad Atreju per aprire una nuova stagione politica e del centrodestra».
Il consigliere regionale della Lega Andrea Bassi la ritiene «una visione interessante». «Già nel 2008 vedevo in Flavio il candidato ideale per la sua spinta innovativa – interviene l’assessore regionale Elena Donazzan (Pdl) -. L’importante è che non faccia due errori: non cada, come Renzi, nella tentazione di andare solo “contro” e di smarcarsi definitivamente da una certa immagine dell’uomo della Lega. Tosi-Meloni? Io lo speravo già alle ultime politiche». Ma c’è anche chi non risparmia frecciate al vetriolo: «Tosi alle primarie? Prende il 4 per cento. Tosi e Meloni in ticket? Vanno al 9», scrive l’ex presidente della Lombardia Roberto Formigoni (Pdl).
Corriere di Verona – 15 agosto 2013