«I miei complimenti al governatore uscente per la sua vittoria netta, oltre alle aspettative di chiunque». Flavio Tosi inizia con fair play la conferenza stampa che mai avrebbe voluto tenere: la corsa di «Davide contro Golia» si è fermata al 12 per cento, con lo smacco di un terzo posto perso per una manciata di voti in meno del grillino Jacopo Berti; oltretutto, i 262mila voti conquistati non hanno creato il minimo grattacapo a Luca Zaia, che lo stacca di oltre dieci punti anche nella provincia di Verona, mentre nel Comune capoluogo Tosi è addirittura terzo, preceduto anche dalla Moretti.
Eppure il sindaco, attorniato dalla cerchia dei fedelissimi (la compagna senatrice Patrizia Bisinella, il deputato Matteo Bragantini, il braccio destro Fabio Venturi) si sforza di vedere in questo pur magro bottino la prima tappa di un nuovo progetto politico. «Si poteva fare di più, ma si poteva fare anche di meno – dice -. Bisogna considerare che siamo partiti solo due mesi fa, e con poche risorse economiche. In ogni caso, da questo 12 per cento ripartiamo per portare avanti questo progetto su basi nazionali, anche sulla base di quanto successo in altre regioni come la Puglia. Il fronte che si confronterà con Renzi non potrà essere quello di Salvini: può arrivare a raccogliere percentuali importanti di consensi, ma non può vincere. Anzi, con lui Renzi vince per vent’anni. Ora bisognerà provare a rimettere assieme i pezzi del centrodestra, e per faro servono le primarie». Quanto al risultato di Verona, «è buono se si considera il contesto generale del voto».
Tosi, insomma, non muta di una virgola (almeno a parole) i suoi intenti e rilancia intatte le sue battaglie. Eppure, anche tra i suoi sostenitori, c’è chi è convinto che abbia fatto più di un errore in questa pur complicata campagna elettorale. Ha speso molte delle sue energie a prendersela con Salvini («un arrogante») dopo la sua cacciata dalla Lega Nord, dando l’impressione di essere in corsa non per governare una Regione, ma per cercare una rivincita personale.
Allo stesso modo, non ha pagato la strategia di attacco frontale a Zaia, cui ha rinfacciato di aver fatto poco o nulla negli ultimi cinque anni, di aver bloccato la Regione su scelte strategiche importanti, di conoscere poco la macchina della Sanità. Tutte critiche che, fino a quando è stato segretario regionale della Lega veneta (ovvero, poco più di due mesi fa), non aveva mai espresso, per lo meno pubblicamente. «Abbiamo portato avanti il nostro programma, non abbiamo mai usato cattiverie personali o attacchi di basso profilo, difficile che la nostra campagna elettorale possa essere considerata una rivalsa contro qualcuno – obietta Tosi – e poi lo strappo non l’ho fatto io, ho sempre e solo difeso l’autonomia della Liga Veneta: il consenso io me lo sono sempre guadagnato sul campo, rispondo solo ai cittadini che mi hanno votato, non ho mai preso ordini da via Bellerio ».
Si è però materializzato il peggiore degli scenari possibili: Zaia ha vinto con più del 50 per cento, Tosi non ha fatto da ago della bilancia e può solo spartirsi gli avanzi con gli altri perdenti. «Non ci interessa fare da ago della bilancia, sarebbe stato un ragionamento di breve periodo, mentre il nostro orizzonte è di medio e lungo periodo, proiettato su base nazionale – continua Tosi –. E poi non abbiamo fatto calcoli. Avessimo preso il 3 per cento o il 20, sarebbe stata comunque la cosa giusta da fare».
Oltre che portare avanti il suo azzoppato progetto nazionale, Tosi dovrà sistemare un po’ di questioni nella sua Verona, dove gli restano due anni da sindaco. «Chi ha lasciato la Lega per scegliere Alfano e la poltrona, speriamo almeno che faccia bene il sindaco per il tempo che gli rimane», il messaggio che viene da Salvini. Intanto, ci sarà da sostituire l’assessore Enrico Corsi, che si è candidato con la Lega (non è stato eletto). «Candidandosi contro il suo sindaco è venuto meno il rapporto di fiducia». Dovrà nominare anche un nuovo vicesindaco, perché Stefano Casali è stato eletto. Ora si rischia una sanguinosa guerra di successione, con un consiglio comunale che negli ultimi mesi ha dato l’impressione di essere ingovernabile, senza contare la partita di nomine per diverse enti comunali che vanno a scadenza. Un groviglio pericoloso. «Non credo che sia così – ribatte Tosi – la città di Verona mi dà zero preoccupazioni». Quanto a tutto il resto, quello è tutta un’altra storia.
Alessio Corazza – Il Corriere del Veneto – 2 giugno 2015