In una situazione di crisi economica generalizzata, uno dei pochi settori che ancora “tirano” è quello delle mascherine protettive. E qualcuno cerca di approfittarne. Ne hanno avuto l’ennesima riprova i finanzieri della compagnia di Chioggia che, l’altro giorno, nel corso di un controllo, con posto di blocco, lungo la statale Romea, hanno fermato un autoarticolato con targa polacca che, di mascherine del tipo chirurgico, normalmente vendute al dettaglio a 50 centesimi l’una, ne trasportava ben due milioni e 600 mila. Ma erano tutte prive di certificazione. Le mascherine erano contenute in 1.300 cartoni e riportavano il marchio di conformità “CE”, ovvero la rispondenza agli standard della Comunità europea. Erano, tuttavia, di fabbricazione cinese e sulla loro provenienza i finanzieri hanno compiuto ulteriori accertamenti.
E questi approfondimenti, anche tramite la documentazione di viaggio, con i timbri delle varie dogane attraversate, hanno permesso di appurare che la merce era stata sdoganata in Olanda ed era destinata ad una società con sede a Roma, riconducibile ad un soggetto di nazionalità cinese. Quest’ultimo è stato, quindi, contattato dai finanzieri, e ha riferito di aver proceduto all’acquisto dei materiali, con ordine diretto, da un’azienda della madrepatria. Tuttavia, non è stato in grado di fornire alcuna documentazione tecnica di accompagnamento della merce che dimostrasse la conformità dichiarata dal marchio CE, potendo esibire solo una dichiarazione di conformità formalmente rilasciata da un mandatario stabilito nella Ue.
NESSUN RAPPORTO
Tale ultimo soggetto, anch’esso contattato dai militari, nel premettere di non aver mai avuto alcun rapporto con la società romana destinataria delle mascherine, ha disconosciuto la certificazione esibita in sede di controllo, precisando che la stessa si riferiva a una precedente e diversa partita di mascherine acquistate presso il fabbricante cinese e testata da laboratori specializzati, che nulla aveva a che fare con quella oggetto del controllo. Alla luce di tali riscontri, la marcatura “CE” presente sulle mascherine era da ritenersi indebitamente apposta e, pertanto, l’intero carico è stato sottoposto a sequestro mentre l’importatore è stato denunciato alla Procura di Venezia per il reato di tentata vendita di prodotti industriali con segni mendaci. Al consueto prezzo al pubblico di 50 centesimi, la partita di dispositivi medici avrebbe fruttato un milione e 300mi1a euro.
Diego Degan – Il Gazzettino