Fermi tutti, ci sono le elezioni. Mentre i partiti si accapigliano nel rush finale verso il voto, la Regione resta al palo, in stand-by nell’attesa di sapere chi avrà vinto e chi avrà perso (e chissà, forse anche dopo, conoscendo la farraginosità con cui il Palazzo è solito rimettersi in moto dopo una pausa). Questa settimana salterà la seduta di giunta, dopo che già nella scorsa l’esecutivo s’era prodotto in scarse novità (tra cui la Giornata europea del gelato), mentre il consiglio regionale, che si è salutato il 31 gennaio, è convocato per il 5 marzo, se si fa eccezione per la seduta straordinaria di lunedì dedicata alla discussione della richiesta di alcuni Comuni di passare in Friuli e in Trentino (appuntamento di molto depotenziato dopo il fallimento dell’ultimo referendum nel Bellunese).
Il motivo del pit stop è ovviamente tutto politico e va ascritto alla pericolosità ai fini della campagna elettorale di due provvedimenti in coda fuori dall’aula: il bilancio e le nuove schede ospedaliere. Il primo, licenziato dalla giunta in abbondante ritardo a metà dicembre, reca con sé tutto un corollario di lacrime e di sangue che discende dalla riduzione dei trasferimenti da Roma, calcolata tra i 225 ed i 230 milioni di euro. Le seconde, pronte da almeno due mesi, sono invece la forbice con cui la Regione, dopo averlo minacciato a più riprese, taglierà posti letto e reparti in ossequio alla razionalizzazione imposta dal nuovo piano socio sanitario. Facile intuire perché Lega e Pdl abbiano preferito aspettare che i seggi fossero chiusi per procedere con due provvedimenti che s’annunciano ammazza-consensi. E pazienza se questo costerà sacrifici importanti, ora come in futuro. La mancata approvazione del bilancio, in ritardo di due mesi rispetto ai termini di legge, comporta infatti l’impossibilità per gli assessori di programmare alcunché oltre il 31 del mese e costringe gli uffici, le agenzie e le società controllate ad operare in esercizio provvisorio, con le ganasce sulle uscite. Un problema che si fa sentire sopratutto nel trasporto pubblico locale, nel sociale e nella formazione lavoro. I ritardi delle schede, invece, si traducono di giorno in giorno in «mancati risparmi» che la sanità veneta potrebbe dirottare su altri capitoli, così come aveva iniziato a far di conto il presidente della V commissione Leonardo Padrin: il counter degli sprechi è sparito dal suo sito («Volevo evitare strumentalizzazioni») ma l’ultima volta che ci avevamo buttato l’occhio superava di gran lunga i 20 milioni di euro. Quando ricomparirà, dopo il 25 febbraio, potremo essere più precisi. Ci sono poi altri provvedimenti in attesa che la Regione si rimetta in moto e tra questi il più importante è sicuramente la riforma delle Ater messa a punto dall’assessore all’Edilizia pubblica Massimo Giorgetti. Risparmio previsto (e al momento rinviato a data da destinarsi): 300 mila euro l’anno.
«L’azione di governo, che già aveva mostrato segnali di debolezza nei giorni scorsi, si è arrestata ben prima delle elezioni, a cominciare dalle schermaglie interne alla Lega e poi tra la Lega ed il Pdl» commenta il segretario della Cgil Emilio Viafora mentre il presidente del consiglio Valdo Ruffato difende l’assemblea: «Il consiglio non ha lavorato nelle ultime due settimane, è vero, ma la commissione Bilancio ha vagliato buona parte della manovra prima dello stop e riprenderà le sue sedute da martedì. Approveremo tutto per metà marzo». Indulgente il presidente di Confartigianato Giuseppe Sbalchiero: «Non ho mai visto Regione, Province e Comuni lavorare durante la campagna elettorale, per cui non mi meraviglio. Spero solo che subito dopo il voto si rimettano al lavoro pancia a terra, così da recuperare il tempo perduto».
Marco Bonet – Corriere del Veneto – 19 febbraio 2013