Maurizio Di Giangiacomo. Daniza non legge i giornali, né frequenta i social network. Ma l’eco del vespaio sollevato dall’ordinanza di cattura firmata dal vicepresidente della Provincia Autonoma di Trento, Alessandro Olivi, in qualche maniera deve esserle giunto.
Fatto sta che l’orsa, con i suoi due piccoli, ha lasciato i boschi che sovrastano Pinzolo, dove nei giorni scorsi aveva ferito un cercatore di funghi, rinunciando ai riflettori ma, soprattutto, seminando la task force allestita dalla stessa Provincia per la sua cattura. I dieci uomini del corpo forestale vogliono prenderla per fame e la rincorrono con la cosiddetta trappola a tubo, con tanto di succulenta esca. Ma Daniza, più che un’orsa, sembra una vecchia volpe e non c’è cascata, né ieri né ieri l’altro. Nata sui monti della Slovenia diciotto anni fa, da quattordici vive in Trentino dove, suo malgrado, è diventata anche un po’ social: quelli della squadra anti-orso l’hanno infatti dotata di radiocollare già qualche anno fa; grazie a quello, sanno che si è spostata tra Val di Genova e Val Nambrone, aree meno antropizzate dove forse potrà vivere più tranquilla.
La caccia a Daniza continua e le polemiche sulla decisione della Provincia Autonoma di Trento non si placano. A scatenarle, nei giorni scorsi, era stata la prima reazione dell’assessore alle foreste Michele Dallapiccola che – saputo che il plantigrado aveva ferito un residente – aveva annunciato l’ordinanza di cattura, non escludendo addirittura l’abbattimento dell’animale. Oltre mille le e-mail di protesta indirizzate alla stessa Provincia, ancora più numerose le adesioni alla pagina Facebook «Salviamo l’orsa Daniza» (ieri pomeriggio aveva superato addirittura quota 7000) e le firme (quasi 24 mila) raccolte da una petizione diffusa su Aavaz, per non parlare di Twitter, dove la protesta nei confronti dell’ordinanza di cattura ha assunto le dimensioni di un fiume in piena. Lì i difensori dell’orsa trentina si danno appuntamento sotto l’hashtag #iostocondaniza, ma anche sotto il più minaccioso #boicottailtrentino. E non parliamo tanto di ambientalisti e animalisti – le cui associazioni hanno fatto comunque già sentire la loro voce – quanto di semplici ma agguerritissimi netizen. Non mancano, però, i volti noti: dal video di Licia Colò («Non abbattete l’orsa») agli appelli di Lara Comi, Ornella Vanoni («Il Trentino non mi vedrà più), Giorgia e Marisa Laurito.
Tutti preoccupati per le sorti della vecchia Daniza – molti temono che sia abbattuta, mentre invece questa eventualità è stata scongiurata: verrà «rinchiusa» nell’area faunistica del Casteller, dove da anni vive anche un suo simile altrettanto «problematico» – ma soprattutto per quella dei due piccoli di sette mesi che rimarranno orfani. La Provincia Autonoma di Trento conta che a quell’età possano cavarsela da soli. Osvaldo Negra, zoologo del Museo di scienze naturali di Trento (Muse) e presidente regionale del Wwf, però non ne è sicuro: «I cuccioli di orso stanno con la madre fino a un anno e mezzo – spiega – Senza di lei perderanno una parte del loro patrimonio culturale importante per la sopravvivenza. Potrebbero farcela, ma non è certo». Un altro che #stacondaniza.
La Stampa – 19 agosto 2014