La chiamano già la battaglia delle nuove Usl. La doppia riforma Zaia è nota. Unificazione delle aziende su scala provinciale: e dunque per Treviso il passaggio delle tre attuali a una sola con sede a Treviso. E poi la creazione di un’azienda zero che centralizzerà appalti di spesa.
Tutto con l’obiettivo del risparmio. Ai sindaci e ai comuni – dalla Lega al centrosinistra passando per centristi e civici – la doppia riforma non piace. L’azienda zero viene vista come «un modello di accentramento regionale anziché nazionale», ma lascia troppo incognite, secondo i sindaci, sui rapporti e sulle prerogativa lasciate poi ai singoli direttori delle Usl territoriali.
L’unificazione provinciale non è coerente, secondo i sindaci, con altri ambiti territoriali quantificati fra i 300 e i 500 mila abitanti: oddio, a Belluno e Rovigo coincidono con la provincia intera, ma non nella Marca con 888 mila residenti ma quasi 940 mila utenti. Infine il nodo del sociale: i sindaci vogliono veder ribadito il loro ruolo di rappresentanti dei territori, non vogliono venga smantellato il modello sociale sui qui esistente, e difendono la figura del direttore dei servizi sociali, a rischio secondo loro con questa riforma. Questioni delicate. E proprio ieri i tre presidenti della conferenza di servizi trevigiani – Paolo Speranzon, Usl 9; Floriano Zambon, Usl 7: Annalisa Rampin, Usl 8 – sono stati ascoltati dalla quinta commissione a Venezia.
Le critiche dei sindaci sono state espresse in maniera molto ferma. E dicono che Speranzon sia stato il più vivace: «Ma no, vogliamo precise garanzie, ma stiamo affrontando la questione con spirito costruttivo. Certo ci sono punti critici, su cui non siamo d’accordo. Il confronto sarà importante e fondamentale».
Una prima tappa chiave sarà un prossimo incontro dei tre esecutivi dei sindaci della Marca con i 9 consiglieri regionali eletti in provincia: i 6 di Lega e lista Zaia (Barbisan, Possamai, Rizzotto, Brescacin, Villanova e Gerolimetto), Zanoni del Pd, Scarabei (5 stelle) e Dalla Libera della civica per Moretti. Il summit dovrà approfondirà tutti i nodi dello scontro. Da Venezia sono giunte rassicurazioni sul sociale, sia per i sindaci che per i direttori. Ma c’è chi ha ancora dubbi sull’effettiva autonomia dei direttori rispetto alla grandi scelte dell’azienda zero, chi teme per le sorti del modello sociale. E poi il nodo del dimensionamento.
«Un’azienda unica per Treviso vorrebbe dire che un direttore generale governerà 12 ospedali, di cui 9 pubblici, 2 privati convenzionati e il polo di Motta. Mi pare francamente eccessivo. Vero che in provincia di Verona gli ospedali sono 23, a parità di abitanti: è qui che si dovrebbe razionalizzare, non sull’azienda zero. Ricordo che ogni polo costa 200 milioni l’anno».
Ma allora, due Usl e non una nella Marca? Oggi l’Usl 9 ha 423 mila utenti, l’Usl 8 e l’Usl 7 sono quasi equivalenti, fra i 240 e i 250 mila utenti. Rimescolare tutto, con Sinistra e Destra Piave? I numeri sarebbero sperequati, circa due terzi in Destra Piave e un terzo in Sinistra Piave. Su quest’aspetto i sindaci non sono però unitari. Ma anche chi è d’accordo con la unificazione, ritiene che gli ambiti vadano resi omogenei con gli altri servizi essenziali e non (dall’acqua ai rifiuti, dai trasporti al turismo). «Ahimè», conclude Zambon, «su questo non ci siamo proprio. Non solo sulle Usl la Regione si rimangia quanto aveva detto appena pochi anni fa, ma ad esempio la riforma del turismo ha creato entità anomale».
La Tribuna di Treviso – 19 settembre 2015