Medici di base in pensione o consorziati nei centri città più popolosi: i quartieri periferici e le frazioni dei paesi della Marca rischiano di non avere più i propri camici bianchi. La Regione punta alla medicina territoriale con le cosiddette Unità Territoriali di Assistenza Primaria, ma il progetto che dovrebbe entrare a regime entro il 2015, stenta a decollare.
La Fimmg impugna davanti al Tar la delibera regionale che riorganizza la sanità veneta e nel frattempo sono molti i medici di famiglia che non vengono rimpiazzati, tanto che in dieci anni, prevede Brunello Gorini di Fimmg, lascersà il servizio circa un terzo degli attuali professionisti sul territorio, che nell’Usl 9 sono meno di 250. Vero è che le difficoltà per gli assistiti, che si trovano a fare i conti con la chiusura dello storico ambulatorio del curante, perché aggregatosi in consorzio o andato in pensione, starebbero già emergendo. Emblematico il caso di P. L., di Treviso che nei giorni scorsi si è visto recapitare a casa l’avviso dell’Usl che gli comunicava, che di lì a due settimane, il suo medico di famiglia avrebbe cessato la propria attività. Un preavviso arrivato a lui come ad altri 1.200 pazienti, costretti quindi a scegliere, in poco tempo, tra i professionisti con posti ancora liberi. «Tempi così risicati per decidere non consentono una scelta oculata», lamenta l’utente, il quale alla fine ha dovuto optare per un ambulatorio dall’altra parte della città. «La dislocazione degli studi che hanno ancora capienza è in contrasto con le esigenze degli utenti che fino ad ora hanno gravitato, come me, su un ambulatorio in centro a Treviso. Raggiungibile a piedi o in bicicletta». Al disagio di dover prendere la macchina o l’autobus, si deve aggiungere la ristretta cerchia di nominativi ancora disponibili, continua il cittadino: «Per la scelta del medico alternativo ho potuto fare affidamento solo su 27 medici, circa la metà di quelli presenti nel distretto di Treviso. Erano i soli ad avere ancora posto». Ulteriore problematica: la loro età anagrafica già vicina al pensionamento. «Il rischio è di trovarsi tra un paio d’anni a dover cambiare di nuovo e a ricominciare daccapo con la trafila». Alle dichiarazioni del paziente trevigiano replica Michele Tessarin, direttore sanitario dell’Usl 9: «I medici disponibili non sono pochi, in ogni caso, per qualsiasi problema, l’utente può rivolgersi a noi, all’ufficio Relazioni col Pubblico e alla direzione sanitaria». Quanto successo al cittadino trevigiano è destinato diventare la norma nei prossimmi mesi, ma proprio su questo Gorini puntualizza: «Entro dieci anni avremo meno medici: al calo numerico previsto stiamo già rispondendo collegandoci tra di noi. E’ possibile che le frazioni e i quartieri periferici siano più disagiati, ma al cittadino verrà data l’opportunità di essere seguito da una rete di medici collegati tra loro e in strutture più attrezzate, aperte h24. Si farà magari un po’ più di strada, ma sarà migliore anche il servizio. Noi medici stiamo facendo la nostra parte, portando avanti l’associazionismo per agevolare i cittadini, occorre che anche la politica faccia il suo». Una richiesta sottoscritta anche dai pazienti, che sperano di non risentire troppo dell’eventuale chiusura degli ambulatori frazionali a favore delle aggregazioni di medici, che saranno ragionevolmente collocate nei centri maggiori. «Se si demanda sempre più al territorio bisogna metterlo in condizione di essere efficiente», spiega Gianni Boldrin, referente dell’Osservatorio del volontariato. Per fare questo occorrono quindi risorse certe, spiega Enzo Venza, presidente del Comitato diritti del malato: «Il progetto sulla carta è eccellente, perchè praticamente al medico di base vengono tolte incombenze burocratiche e infermieristiche e gli verrà messa a disposizione una cartella informatica con la storia clinica del paziente. Tuttavia ci sono punti che devono essere chiariti, ad esempio il rapporto fiduciario medico paziente che, se non curato, rischia di ridimensionarsi»
La Tribuna di Treviso – 2 dicembre 2013