Le nascite di piccoli non riescono più a compensare le stragi “Invertire subito la rotta”. L’avorio, se continua così gli elefanti africani scompariranno dal pianeta in meno di un secolo: troppe bestie massacrate, i neonati non riescono più a compensare le stragi. Il rapporto tra nascite e uccisioni si è invertito, per la prima volta ci sono più carcasse che cuccioli.
Secondo gli autori della ricerca, pubblicata sull’autorevole rivista dell’Accademia nazionale delle Scienze Usa, «per risolvere la crisi occorre una risposta globale» senza la quale il declino del grande mammifero africano minacciato dai bracconieri sarebbe inarrestabile.
Il guaio è che la situazione è critica soprattutto nell’Africa centrale, dove il rispetto degli animali è priorità per pochi: già prima che arrivasse l’epidemia di Ebola gli esseri umani avevano a che fare con una bella serie di calamità, e il traffico di avorio è uno dei grandi canali di finanziamento delle guerre che perennemente infiammano il continente. Ma se fino a ieri quel commercio orrendo era controbilanciato dalla naturale tendenza della specie ad aumentare la sua popolazione, oggi non è più così. I risultati dello studio «indicano che tra il 2010 e il 2012 le uccisioni illegali sono diventate insostenibili per la specie, con un picco dell’8% nel 2011 quando si calcola siano stati uccisi 40mila elefanti ». In quel solo anno «la specie si è ridotta del tre per cento», e «i dati preliminari aggiornati al 2013 indicano che la riduzione è continuata».
Secondo uno studio presentato l’anno scorso dalla Ong Elephant Action League , per gli islamisti di Al Shabaab il contrabbando di avorio vale «da 200mila a 600mila dollari al mese: comprano e rivendono le zanne», e si calcola che il traffico sia compreso «tra una e tre tonnellate al mese». Il bottino è inevitabilmente diretto verso l’Asia, che resta il mercato nero più grande del mondo anche se qualcosa sta cambiando, per fortuna: Traffic , l’organizzazione che monitora il traffico internazionale di animali selvatici, calcola in 33 tonnellate l’avorio illegale sequestrato dal 2003 a Hong Kong, crocevia internazionale dell’oro bianco; ma a maggio l’ex colonia britannica ha distrutto uno stock incenerendolo come segnale di svolta, e Save the Elephants ha reso noto che i tre maggiori rivenditori hanno stretto un accordo per togliere l’avorio dal catalogo dei loro negozi.
Dal 2010 in poi, secondo lo studio pubblicato sui Lavori dell’Accademia delle Scienze Usa è stato ucciso ogni anno il sette per cento degli elefanti africani, troppi per compensare la tendenza naturale della specie a incrementare il suo numero del cinque per cento l’anno se nessuno li cacciasse per rubare loro le zanne. Nell’Africa centrale la riduzione va avanti da dieci anni, ma nel resto del continente la situazione era migliore. Oggi non più: «Il nostro studio suggerisce che la popolazione di elefanti nella savana nell’Est e nel Sud dell’Africa è rimasta relativamente stabile o è cresciuta dal 2002 al 2009, dopo di che ha iniziato a declinare ». Se non si vuole consegnare gli elefanti al destino dei mammut non resta che agire, e occorre farlo rapidamente. «Gli sforzi per una rigorosa conservazione sul terreno hanno mostrato di riuscire ad arginare il bracconaggio, quindi andrebbero incrementati per fronteggiare l’aumento delle uccisioni ». Ma non basta, secondo lo studio: «Un’altra criticità è la crescita del mercato finale. Frenare la domanda, specialmente in Asia, appare necessario per ridurre i prezzi dell’avorio al mercato nero e alleviare la pressione insostenibile delle uccisioni illegali sugli animali in libertà. Infine bisogna intervenire per contrastare tutti i livelli della catena del contrabbando ». Una battaglia difficile da combattere in un continente devastato dalla povertà e dalla guerra: quei giganti grigi portano a spasso denti con cui, rischiando una pallottola dai guardiacaccia, un bracconiere può sfamare una famiglia che muore di fame. A ottobre dello scorso anno, in una riserva nello Zimbabwe sono stati uccisi più di trecento elefanti in un solo attacco, forse il più grave che si ricordi: nella stagione secca, i bracconieri hanno avvelenato i pozzi in cui si abbeveravano, uccidendo con il cianuro gli elefanti e tutti i predatori della catena alimentare che hanno provato a sfamarsi con le carni del grande mammifero. Una strage mostruosa, migliaia di animali uccisi per le zanne da spedire nei mercati asiatici. In cambio, tanti bei dollari con cui comprare fucili. E non per sparare gli animali, stavolta.
Repubblica – 20 agosto 2014