I negoziati fra Unione europea e Stati Uniti per il mega-Trattato di libero scambio Ttip sono in mezzo al guado: “Speriamo di portarlo a termine prima della fine del mandato presidenziale di Obama”, che scadrà nel gennaio 2017.
Le parole dette a Bruxelles dai due capi negoziatori della trattativa, lo spagnolo Ignacio Bercero per la Commissione europea e l’americano Dan Mullaney nella conferenza stampa conclusiva del 10mo round di negoziati, aperto lunedì e concluso oggi, fanno capire che l’enorme massa di dossier sul tavolo è ancora in gran parte in fase preliminare di lavorazione, malgrado quasi due anni e mezzo di negoziati già alle spalle.
“Intendiamo lavorare ogni giorno disponibile e stiamo dando un’ulteriore accelerazione al ritmo di lavoro quest’anno”, ha chiosato Mullaney. Mentre Bercero, ricordando il forte mandato politico ricevuto dal G7, dalla risoluzione del Parlamento europeo alla Commissione Ue e, sul lato opposto dell’Atlantico, dalla delega (“fast-track”) accordata dal Congresso, “abbiamo ora un forte vento politico in poppa”. Questo dopo che sia lui sia il collega Bercero hanno fatto sapere che “discussioni positive” o “fruttuose” hanno iniziato ad esplorare alcuni territori insidiosi finora posticipati, come l’accesso delle imprese alle commesse e agli appalti pubblici, o l’uniformazione di norme e regolamenti in alcuni settori – come ad esempio sui farmaci o i cosmetici, dove i regolamenti differiscono su molti aspetti -, la concorrenza, le dispute stato-stato, come anche l’accesso ai mercati delle Pmi.
Ma per ammissione degli stessi negoziatori, i nodi più intricati, come lo scambio di servizi finanziari, la tutela della proprietà intellettuale e la protezione dei dati online – dove Usa e Europa hanno visioni e criteri differenti – e il commercio energetico – la cui presenza nel trattato finale non è ancora certa – sono ancora nella fese di “reciproco studio”. In settembre, inoltre, si inizieranno ad affrontare nel concreto i rispettivi principi sulla “sostenibilità”, capitolo che riguarda i diritti sindacali, l’ambiente e la tutela della salute. Completamente fermo il dossier più spinoso di tutti, che tanta indignazione ha suscitato nell’opinione pubblica europea: la presenza di una norma che tuteli gli investimenti. Dopo che il Parlamento europeo nella sua recente risoluzione ha rigettato la tradizionale formula dell’Isds – che prevede il ricorso a un arbitrato senza appello presso una corte arbitrale per le imprese che sentano minacciati i loro profitti da un’autorità pubblica che le ospita – invocando la possibile creazione di un tribunale internazionale ad hoc -, le carte vanno ridistribuite sul tavolo.
“Il messaggio dell’Europarlamento era molto chiaro”, ha detto Bercero. “Abbiamo bisogno di proteggere gli investitori garantendo al contempo il pieno diritto degli Stati di legiferare nell’interesse pubblico. Crediamo sia possibile una buona discussione con reciproca soddisfazione”. Il tutto è quindi rimandato a dopo l’estate: “Aspettiamo di ricevere una nuova proposta negoziale da parte Ue”, ha aggiunto Mullaney. Infine una rassicurazione: il negoziatore Usa ha spiegato che mercoledì, nell’incontro con i rappresentanti della società civile e i lobbisti europei, ha ricevuto angosciate richieste di chiarimenti sul futuro di scuola e sanità pubbliche: “Possiamo mettere queste paure da parte: il trattato non pregiudicherà la possibilità dei governi di legiferare, amministrare e di finanziare servizi pubblici, come sono quelli della scuola, della sanità, dei trasporti o dell’acqua”. Il lavoro, sottotraccia continuerà, ma i negoziatori si rivedranno attorno al tavolo in settembre.
Ansa – 20 luglio 2015