Il 2015 sarà l’anno decisivo per i negoziati nell’ambito alimentare relativi al Trattato commerciale di libero scambio tra Stati Uniti e Unione europea, il Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP). I contenuti oggetti di dibattito, protetti sino a qualche giorno fa da una segretezza pressoché totale, hanno sollevato preoccupazioni, che si sono tradotte in 1,3 milioni di firme in calce a una petizionepromossa da organizzazioni non governative e associazioni dei consumatori per chiedere lo stop alle trattative. Le preoccupazioni riguardano l’abolizione delle barriere tariffarie e di alcuni regolamenti che nel settore alimentare potrebbero portare a una riduzione degli standard di sicurezza nella filiera. Più in generale ci si preoccupa per la possibile creazione di un sistema di arbitrato sovranazionale (ISDS), destinato a risolvere le controversie tra aziende e governi accusati di non rispettare le clausole del trattato.
Le trattative per il TTIP hanno ricevuto il via libera dei governi europei nel giugno 2013, e in febbraio ci sarà la settima sessione di incontri tra i negoziatori di USA e UE. Al momento le trattative sembrano essersi impantanate e c’è il rischio di affondare l’intero progetto. Questa considerazione si trova anche in articolo pubblicato da Project Syndicate, a firma dell’ex primo ministro e poi ministro degli Esteri svedese, Carl Bildt, e dell’ex segretario generale della Nato, Javier Solana.
Come esempio dei problemi “banali”, Bildt e Solana citano il lavaggio con il cloro utilizzato negli Stati Uniti per sanificare i polli dopo la macellazione, ma non ammesso nell’Unione europea. In realtà, sostengono i due diplomatici «i leader europei hanno di fatto abbandonato il progetto… I negoziatori si sono sforzati di fare progressi, mentre i gruppi anti-globalizzazione hanno assunto il controllo del dibattito pubblico, presentando il TTIP come una minaccia per ogni cosa, dalla democrazia dell’Europa alla sua salute».
Il Financial Times indica come segnale delle resistenze tedesche al Trattato le reazioni suscitate da una recente dichiarazione al Der Spiegel del ministro dell’agricoltura, Christian Schmidt che recitava così «se vogliamo cogliere le opportunità di libero scambio con l’enorme mercato americano, allora non si può continuare a proteggere ogni specialità di salsiccia o di formaggio». La parole del ministro tedesco hanno provocato l’immediata precisazione del portavoce della Commissione europea, Daniel Rosario, secondo cui ai negoziatori statunitensi è stato detto che «la protezione delle indicazioni geografiche è una delle nostre principali priorità, e l’Europa non ha concordato e non concorderà di abbassare la protezione delle nostre indicazioni geografiche».
Resistenze ci sono anche in Francia, dove il ministro al commercio estero, Matthia Fekl, ha dichiarato al Senato che la Francia non aveva chiesto che i tribunali per l’arbitrato fossero inclusi nel mandato negoziale, perché va preservato il diritto dello Stato di decidere e di applicare i propri standard, mantenendo l’imparzialità del sistema giudiziario e consentendo che ogni popolo affermi i propri valori. Come riferisce Euractiv, anche il ministro agli affari economici della Germania ha ripetutamente manifestato la sua opposizione a questo meccanismo arbitrale, fortemente voluto dagli Stati Uniti, ponendo come condizione che non sia previsto dal Trattato. A fronte di queste posizioni, il nuovo presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Junker, ha detto che non accetterà che sia prevista alcuna limitazione esterna alla capacità degli Stati membri di risolvere le proprie controversie industriali.
Queste discussioni hanno fatto slittare i negoziati al 2 febbraio 2015. La commissaria europea al commercio, Cecilia Malmström, ha escluso che il Trattato possa essere approvato entro il 2015. Considerando che il 2016 sarà l’anno delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, i tempi dell’eventuale approvazione del TTIP rischiano di slittare parecchio. Il Trattato dovrà essere approvato dal Congresso statunitense, dal Parlamento europeo e poi ratificato dai parlamenti nazionali dei Paesi dell’Ue.
Un altro elemento di criticità, che ha complicato le negoziazioni, è la totale segretezza che ha caratterizzato le trattative sino a pochi giorni fa, favorendo il diffondersi di dubbi e timori sull’intenzione delle due parti di far prevalere gli interessi economici e commerciali su quelli di tutela della sicurezza e della salute, in particolare nel settore agroalimentare.
Il 7 gennaio, la Commissione europea, a seguito anche di ripetuti solleciti della mediatrice europea, Emily O’Reilly, ha pubblicato quindici documenti, contenenti le posizioni di partenza dei negoziatori europei su alcuni settori oggetto della trattativa, tra cui due riguardanti la sicurezza alimentare, la salute animale e vegetale (discusso nell’ultima settimana di settembre 2014) . Un documento contiene l’articolato proposto dall’Unione europea, mentre l’altro fa una sintesi degli obiettivi e risponde ad alcune delle preoccupazioni.
Per quanto riguarda il timore che il TTIP apra una gara al ribasso in tema di sicurezza alimentare, adeguando gli standard europei a quelli meno rigorosi degli Stati Uniti, la Commissione risponde che non è vero. Le norme europee sono più stringenti e secondo le autorità di Bruxelles non cambieranno gli standard esistenti soprattutto per quanto riguarda le restrizioni sugli ormoni negli allevamenti animali mentre gli Usa faranno altrettanto per i contaminanti microbici.
In merito al timore che il TTIP possa obbligare l’Unione europea a consentire la coltivazione delle piante geneticamente modificate, la Commissione Ue afferma che il Trattato non modificherà le norme esistenti ( subordinate all’autorizzazione dei singoli Stati).
Sull’ipotesi che il TTIP possa costringere l’Ue ad abbassare gli standard sul benessere degli animali, la Commissione vuole aprire un dialogo formale con le autorità statunitensi, in modo da promuovere i più alti standard possibili per il benessere degli animali. Nell’annunciare la pubblicazione di questi documenti, la commissaria europea Malmström ha dichiarato che ora spetta agli Stati Uniti decidere se e cosa pubblicare in merito alle loro posizioni. Da parte sua, la mediatrice europea, a cui compete indagare sulle accuse di cattiva amministrazione degli organismi dell’Ue, ha sottolineato che sono necessari ulteriori passi per garantire la trasparenza del TTIP: «Mi rendo conto che la Commissione a volte ha bisogno di parlare in modo confidenziale con gli Stati Uniti, per poter negoziare efficacemente. Tuttavia, la resistenza degli Usa alla pubblicazione di alcuni documenti relativi al TTIP non è di per sé sufficiente per nasconderli al pubblico europeo. La Commissione deve garantire che tutte le eccezioni al diritto fondamentale dei cittadini dell’Ue a ottenere l’accesso ai documenti siano ben fondate e pienamente giustificate».
Beniamino Bonardi – Il Fatto alimentare – 29 gennaio 2015