Non è bastata la lettera, protocollata ieri mattina, del presidente di Confturismo veneto Marco Michieli. Non sono bastate le perplessità sollevate nei mesi scorsi dalle associazioni di categoria, compresa la Coldiretti. La nuova legge sugli agriturismi è passata con una maggioranza trasversale – 38 sì e cinque astensioni – e molti mal di pancia. A partire da quello dell’assessore Marino Finozzi, che qualche voce in capitolo avrebbe voluto avere nel testo: «Succede sempre più spesso che il consiglio regionale promuove alcune norme senza usare la correttezza istituzionale di coinvolgere l’assessorato di reparto. Così anche questa volta, il metodo non mi sembra corretto. In questo modo c’è il rischio che l’assessore non senta come propria la legge e senta venir meno l’impegno a difenderla».
Insomma, la nuova legge sugli agriturismi – partorita dalla commissione consiliare dopo due anni di lavoro, mediazioni e scontri – porta le firme soprattutto del capogruppo del Pdl Dario Bond, bellunese di Feltre, e di Lucio Tiozzo, democratico di Chioggia. Con la benedizione del veronese Davide Bendinelli, presidente di commissione. La principale caratteristica è l’estensione delle regole per gli agriturismi al cosiddetto «turismo blu»: l’ittiturismo e il pescaturismo saranno d’ora in poi regolamentati, sulla scorta di ciò che avviene nelle altre regioni d’Italia. Si potrà, insomma, essere accolti da un’azienda di pescatori che offriranno vitto e alloggio. E salire in barca con i pescatori e consumare un pasto con il pescato del giorno. In aula, ieri pomeriggio, la sintesi: «Un lavoro faticoso, non sempre lineare perchè il settore è border line – ha spiegato Sergio Reolon (Pd). Permette l’integrazione di reddito agli agricoltori ma rischia di confliggere con le attività di ristorazione tradizionale. Abbiamo vinto i conservatorismi di un paese dove tutti vogliono liberalizzare, ma i settori degli altri». Sulla stessa linea Dario Bond (Pdl): «Per me hanno titolo di occuparsi di agri e ittiturismo solo coloro che lavorano davvero la terra, e non quelli che fanno finta, magari a beneficio delle riviste patinate, e abitano in casali rurali restaurati in mezzo al prato all’inglese». Al termine di una lunga sospensione, il compromesso ha visto sparire dall’articolo 8 il limite annuo dei 12.500 coperti serviti. I posti a tavola non potranno superare il numero di ottanta per gli agriturismi aperti fino a 160 giorni all’anno. Insomma, regole più libere per gli agriturismi del Veneto, con buona pace delle associazioni di categoria che hanno protestano fino all’ultimo giorno tentando di . La nuova legge stabilisce che i prodotti usati nella cucina dell’agriturismo devono provenire per almeno il 50 % direttamente dalla stessa azienda agricola (per il 25 % in caso di aziende montane); i cibi acquistati al libero mercato alimentare non possono superare il 15 % e la restante percentuale deve pervenire da aziende agricole o imprese artigiane venete o di territori limitrofi. Giudizio negativo di Pietrangelo Pettenò, della Federazione della Sinistra: «Questa legge non è un passo avanti; al massimo è una “mezza vigogna” e come tale accontenta forse qualche associazione di categoria ma non fa certo il bene del mondo agricolo veneto». Per Diego Bottacin di Verso Nord questa legge «peggiora il settore in quanto affronta in maniera astratta e anche un po’ ipocrita la definizione dell’azienda agricola nel suo rapporto con l’attività di agriturismo».
Consiglio veneto approva nuova legge che disciplinerà agriturismo. Ecco le novità
Andare oltre l’agriturismo spaziando dalle colline e dalle montagne al mare e alle lagune del Veneto. Questa l’impostazione di fondo della legge che disciplinerà l’agriturismo, l’ittiturismo e il pescaturismo approvata a larga maggioranza dal Consiglio regionale. Astenuti Diego Bottacin di Verso Nord, Giuseppe Bortolussi del gruppo omonimo, il rappresentante della Federazione della Sinistra Pietrangelo Pettenò e Giovanni Furlanetto della Lega Nord. Tra le novità più rilevanti – ha affermato il relatore di maggioranza Davide Bendinelli presidente della stessa commissione Agricoltura che ha elaborato il testo sulla base di un progetto, primo firmatario Dario Bond, firmato da alcuni consiglieri del Pdl e dal consigliere del Pd Lucio Tiozzo – vi è senza dubbio l’aver accorpato per la prima volta la disciplina del turismo “verde” legato alle attività agricole e quelle del turismo “blu” che fa riferimento alle attività di pesca in laguna e in mare.In materia di agriturismo il nuovo testo si prefigge di mettere ordine nella regolamentazione delle tradizionali attività definendo con maggior precisione le caratteristiche e i requisiti di cui devono essere in possesso aziende agricole e loro proprietari per esercitare l’attività agrituristica. Gli imprenditori agricoli, in attività da almeno due anni, per gestire un agriturismo dovranno, a meno che non siano laureati in agraria o in possesso di titolo equipollente, aver superato un apposito corso di formazione professionale e garantire la prevalenza delle attività produttive agricole rispetto a quelle agrituristiche, prevalenza che dovrà essere attestata dal “piano aziendale”. Viene considerata attività di agriturismo anzitutto alloggiare turisti in appositi locali mettendo a disposizione un numero massimo di trenta posti letto e servizi igienico-sanitari (almeno uno per ogni cinque posti letto) o in spazi aperti (in questo caso si parla di agricampeggio). Secondo aspetto dell’attività agrituristica (e fino a pochi anni fa prevalente in Veneto) è quello della ristorazione. A questo proposito la legge stabilisce che i prodotti usati nella cucina dell’agriturismo devono provenire per almeno il 50 % direttamente dalla stessa azienda agricola e per il 25 % in caso di tratti di aziende montane; i cibi acquistati al libero mercato alimentare non possono superare il 15 % e la restante percentuale deve provenire da aziende agricole o imprese artigiane venete o di territori limitrofi ai confini regionali. I posti a tavola non potranno superare il numero di ottanta per gli agriturismi aperti fino a 160 giorni all’anno. Per quanto riguarda il turismo “blu” questa attività viene considerata in due possibili varianti: l’ittiturismo che prevede la possibilità da parte dei pescatori di ospitare turisti per la notte e per i pasti, naturalmente con piatti di pesce legati ai prodotti della loro attività; mentre le attività di pescaturismo sono dedicate a chi vuole sperimentare, anche solo per qualche ora, l’esperienza della pesca in mare a bordo delle imbarcazioni degli operatori professionali dove verranno anche consumati i pasti con prodotti ittici freschissimi provenienti direttamente dalle reti. Questo tipo di turismo, legato al mare, alle lagune e ai loro prodotti ittici in Italia fa registrare circa 200.000 presenze l’anno con un aumento continuo di richieste e quindi dell’offerta che si consolida grazie alle collaborazioni tra pescatori e stabilimenti balneari. Analogamente a quanto disposto per il turismo “verde” anche per quello “blu” il testo approvato fissa i requisiti per le aziende che devono dimostrare la prevalenza dell’attività di pesca o di acquacoltura rispetto a quella ittituristica e garantire la sicurezza delle imbarcazioni messe a disposizione degli ospiti. Da segnalare, infine, che la nuova legge inasprisce le sanzioni, pecuniarie e amministrative, per le aziende che risultino inadempienti alle norme in occasione dei controlli affidati alle Province.
Schede: L’agriturismo veneto in cifre
Secondo i dati Istat 2010, a livello nazionale le aziende agrituristiche autorizzate risultano essere circa 20.000 e in questo contesto il Veneto si conferma tra i leader del comparto. L’offerta agrituristica regionale, infatti, con 1.305 aziende autorizzate, rappresenta il 6,5% di quella nazionale e si colloca al terzo posto, dopo Toscana (20,4%) e Trentino-AltoAdige (16,7%), dove questa tipologia di offerta turistica è storicamente più radicata. Le province venete dove maggiore è l’offerta agrituristica sono Verona (23,8%), Treviso (22,6%), Vicenza (18,1%), e Padova (13,8%). Invece, riguardo l’estensione della superficie agricola coinvolta, è la provincia di Belluno a primeggiare, con una media di 77 ettari per azienda agrituristica.Nel 2010 è avvenuto il “sorpasso” delle aziende agrituristiche che offrono alloggio rispetto a quelle specializzate nella ristorazione. Infatti, le prime sono risultate 772 unità, per un’offerta complessiva di 10.691 posti letto e 554 piazzale. Mentre per la ristorazione risultano autorizzate 736 aziende, pari a 40.457 posti a sedere.
Per il pernottamento il primato va alla provincia scaligera, mentre per la ristorazione le strutture sono perlopiù concentrate nell’area trevigiana e in quella del vicentino.Le attività di alloggio e agricampeggio, in quanto svolgono servizio di pernottamento, sono registrate nell’anagrafe regionale delle imprese turistiche prevista dalla legge regionale n. 33 del 2002 e concorrono a incrementare e a differenziare l’offerta turistica complessiva della Regione. L’ospitalità registrata in agriturismo del Veneto nell’anno 2011 è stata di 179.248 arrivi e 576.762 presenze, con incrementi rispettivamente del 17 per cento e del 15 per cento rispetto l’anno precedente. La permanenza media in azienda è stata di 3,32 giorni mentre a livello nazionale il dato è di 4,9 giorni.
Le presenze sono in prevalenza di turisti italiani (il 54%) provenienti in particolare da Lombardia, Veneto e Lazio. Gli stranieri invece sono provenienti in particolare da Germania, Francia, Paesi Bassi e Austria.Se confrontato con il movimento turistico complessivo del Veneto, il numero degli arrivi nelle strutture agrituristiche rappresenta appena l’1,1 % degli arrivi (contro il 2% in Italia), mentre i posti letto negli esercizi agrituristici rispetto al totale della capacità ricettiva regionale (alberghiera ed extra-alberghiera) è poco sotto l’1,6% (è il 10% invece a livello nazionale).Il movimento turistico dell’alloggio e della ristorazione in azienda agricola ha mantenuto forti i legami con la tradizione delle singole località della Regione, contribuendo a far scoprire alle nuove generazioni le tradizioni enogastronomiche e di civiltà contadina e rurale proprie della storia e dell’identità veneta.
Il turismo blu Nel 2008, il turismo legato alla pesca (o “turismo blu’) ha registrato circa 200.000 presenze sulle coste italiane e nei territori delle acque interne, dove è attiva una flotta di circa 14.000 imbarcazioni da pesca con oltre 30.000 persone di equipaggio imbarcate.
Rispetto i dati dell’anno precedente la crescita è da considerare lieve (+4 per cento), ma pur sempre significativa, viste le difficoltà create dalla crisi economica generale, le novità di rilievo sul fronte della qualità, come le prime certificazioni ottenute dagli ittiturismi del marchio Isnart “Ospitalità italiana” e infine la crescente attenzione degli operatori del settore ittico ad ampliare l’offerta di ristorazione, con l’apertura di ristoranti gestiti direttamente dalle cooperative di pesca o con l’avvio di forme di collaborazione tra pescatori e stabilimenti balneari.
A livello nazionale, il numero di imprese ittiche autorizzate ammonta a circa 1.500. A livello regionale, dove l’attività di pescaturismo è disciplinata dalla legge regionale n. 33 del 2002 in materia di turismo, le autorizzazioni finora ammontano complessivamente a 40 natanti di cui 14 per le acque marittime (dati 2008 e 2009 delle capitanerie di porto di Venezia e Chioggia) e le rimanenti per le acque interne e lagunari. Il progetto di legge si pone l’obiettivo di dare impulso a queste forme di diversificazione del reddito dei pescatori che, nel contempo, costituiscono altresì strumenti di riduzione dello sforzo di pesca e attività di valorizzazione delle risorse ambientali, della cultura e dei sapori della tradizione marinara veneta.
1 agosto 2012