Anaao Assomed ha pubblicato su Dirigenza medica un parere a cura del proprio consulente legale, avvocato Francesco Maria Mantovani. Data la rilevanza e l’interesse del tema trattato lo proponiamo, con il nostro grazie, anche sul nostro sito. Il recente decreto legge n. 101 del 2013, convertito nella legge 125 del 2013 (articolo 2 commi 4 e 5), è intervenuto nuovamente sul regime di collocamento a riposo dei dipendenti pubblici. Il comma 4 recita che “L’art. 24, comma 3, primo periodo, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, si interpreta nel senso che il conseguimento da parte di un lavoratore dipendente delle pubbliche amministrazioni di un qualsiasi diritto a pensione entro il 31 dicembre 2011 comporta obbligatoriamente l’applicazione del regime di accesso e delle decorrenze previgente rispetto all’entrata in vigore del predetto articolo 24”.
Il comma 5 prevede poi che “L’articolo 24, comma 4, secondo periodo, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, si interpreta nel senso che per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni il limite ordinamentale, previsto dai singoli settori di appartenenza per il collocamento a riposo d’ufficio e vigente alla data di entrata in vigore del decreto-legge stesso, non è modificato dall’elevazione dei requisiti anagrafici previsti per la pensione di vecchiaia e costituisce il limite non superabile, se non per il trattenimento in servizio o per consentire all’interessato di conseguire la prima decorrenza utile della pensione ove essa non sia immediata, al raggiungimento del quale l’amministrazione deve far cessare il rapporto di lavoro o di impiego se il lavoratore ha conseguito, a qualsiasi titolo, i requisiti per il diritto a pensione”.
In sintesi, tali disposizioni stabiliscono l’obbligo di collocare in quiescenza i dipendenti pubblici che, prima dello 01.01.2012, hanno maturato i requisiti per il pensionamento secondo il sistema previgente all’ultima riforma pensionistica, operata dal d.l. 201/2011.
Al riguardo, l’originaria formulazione testuale del comma 3 dell’art. 24 d.l. 201/2011 faceva salvo il diritto del lavoratore “che maturi entro il 31 dicembre 2011 i requisiti di età e di anzianità contributiva, previsti dalla normativa vigente, prima della data di entrata in vigore del presente decreto”, 201/2011 “alla prestazione pensionistica secondo tale normative”.
In altri termini, la disposizione in esame sembrava semplicemente affermare la facoltà del dipendente di richiedere il pensionamento secondo i più favorevoli requisiti del sistema pensionistico anteriore alla riforma di cui al d.l. 201/2011. Al contrario, la medesima disposizione non sembrava stabilire l’obbligo delle amministrazioni di collocare obbligatoriamente a riposo tali dipendenti al raggiungimento di tali requisiti.
Era sorto quindi il problema di coordinare quest’ultima disposizione con l’art. 72 del d.l. 112/2008, il quale attribuisce alle pubbliche amministrazioni il potere di collocare a riposo d‘ufficio i pubblici dipendenti al raggiungimento dei requisiti per il pensionamento.
Le prime pronunce giurisprudenziali avevano affermato che tale potere di collocamento in quiescenza d’ufficio andasse esercitato tenendo conto dei nuovi requisiti pensionistici introdotti dal d.l. 201/2011 anche per i dipendenti che avevano maturato entro il 31.12.2011 il diritto a pensione secondo il sistema previgente.
In altri termini, secondo la giurisprudenza in esame, tali dipendenti, che hanno diritto a chiedere il pensionamento per aver maturato i 65 anni di età entro il 31.12.2011 ai sensi dell’art. 24, comma 3, d.l. 201/2011, avrebbero potuto invece essere collocati a riposo d’ufficio dalle Amministrazioni solo al raggiungimento della superiore anzianità anagrafica dei 66 anni, in conformità ai nuovi requisiti pensionistici dettati dal d.l. 201/2011.
Ora, l’art. 2, comma 4, d.l. 101/2013 ha annullato tale interpretazione giurisprudenziale, sancendo il potere delle pubbliche amministrazioni di collocare a riposo i pubblici dipendenti che, entro il 31.12.2011, hanno maturato il diritto a pensione secondo il più favorevole previgente regime previdenziale (65 anni di età a prescindere dall’anzianità contributiva maturata; il raggiungimento della c.d. quota 96, quale somma delle anzianità contributiva ed anagrafica, con almeno 60 anni di età e 35 di contributi) prima ed a prescindere dal raggiungimento dei requisiti pensionistici attualmente dettati dal d.l. 201/2011.
Va precisato che a disposizione in esame non ha alcuna portata innovativa rispetto alla dirigenza medica, alla quale non si applica il potere di collocamento a riposo d’ufficio di cui all’art. 72 d.l. 112/2008.
Infatti, la legge 4 novembre 2010, n. 183, all’art. 22, ha introdotto rilevanti modifiche all’art. 15-nonies del D.lgs. n. 502 del 1992 (normativa speciale sulla dirigenza medica), disciplinante il limite massimo di età per il pensionamento del dirigente medico. Nello specifico, è stato stabilito che “Il limite massimo di età per il collocamento a riposo dei dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale, ivi compresi i responsabili di struttura complessa, è stabilito al compimento del sessantacinquesimo anno di età, ovvero, su istanza dell’interessato, al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo. In ogni caso il limite massimo di permanenza non può superare il settantesimo anno di età e la permanenza in servizio non può dar luogo ad un aumento del numero dei dirigenti”. In tal modo, la novella del 2010, in deroga alla regola dettata dall’art. 72, comma 11, legge n. 133 del 2008 per la generalità dei pubblici dipendenti, ha reintrodotto il diritto soggettivo del dirigente medico a permanere in ruolo, a domanda, fino al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo e comunque non oltre i 70 anni di età. Tale limite ordinamentale per il collocamento a riposo è confermato dal comma 5 dell’art. 2, d.l. 101/2013.
Quest’ultima disposizione previene l’innalzamento dei limiti ordinamentali, previsti nei singoli settori del pubblico impiego per il collocamento a riposo d’ufficio e vigenti anteriormente all’entrata in vigore del d.l. 102/2011, per effetto dell’elevazione dei requisiti anagrafici richiesti per la pensione di vecchiaia da quest’ultimo decreto.
In altri termini, il comma 5 impone il collocamento a riposo d’ufficio dei pubblici dipendenti al raggiungimento del limite di età, generalmente coincidente con i 65 anni per la maggioranza dei dipendenti pubblici, sebbene il d.l. 201/2011 richieda un’età anagrafica più elevata per il conseguimento della pensione di vecchiaia.
Ebbene, se la disposizione in esame stabilisce la perdurante vigenza dei limiti ordinamentali previgenti al d.l. 201/2011, essa conferma che per i dirigenti medici continua a valere il limite dei 40 anni di servizio per il collocamento in quiescenza, secondo quanto previsto dall’art. 22 l. 183/2010.
Avv. Francesco Maria Mantovani – Servizi Anaao Assomed – 23 dicembre 2013