Colpite dall’insetto e curate in neurologia sono fuori pericolo. La malattia, una meningo encefalite, può rivelarsi anche fatale. In queste situazioni la diagnosi tempestiva è un salvavita
UDINE – È arrivata l’estate e ritorna il rischio zecche. Nei giorni scorsi due giovani donne friulane sono state ricoverate nell’azienda ospedaliero-universitaria Santa Maria della Misericordia per una meningoencefalite da Tbe (Tick-Borne Encephalitis), un virus trasmesso dalla puntura delle zecche che può rivelarsi anche fatale.
«Una delle malate è stata curata nella nostra clinica – spiega Matteo Bassetti, direttore della clinica di malattie infettive – mentre la seconda è stata ricoverata in clinica neurologica, ambedue seguite dal gruppo degli infettivologi con i colleghi neurologi. Fortunatamente il paziente ricoverato da noi è già stato dimesso la scorsa settimana – prosegue -. Sebbene all’inizio fosse grave, l’evoluzione è stata buona». Il secondo paziente è ancora ricoverato in clinica neurologica perché più complesso: «È fuori pericolo – precisa Bassetti – ma con un andamento impegnativo. Comunque le condizioni generali sono buone».
Le due donne non si erano accorte di essere state punte dalle zecche, ma si sono presentate in ospedale con una sintomatologia compatibile con un quadro neurologico tipico delle forme di meningo encefalite, «quindi nella diagnostica che noi facciamo in questa zona dell’Italia mettiamo sia la borrelia che porta la malattia di Lyme, sia la Tbe e la West Nile. Oggi – spiega – il Friuli Venezia Giulia, ma più in generale il Nordest d’Italia, sono le zone più colpite da queste patologie. Nella nostra clinica abbiamo visto recentemente anche due casi di localizzazioni cerebrali da West Nile».
Alle due giovani sono state fatte subito le analisi del sangue e del liquido cerebrale (liquor), poi inviate all’Istituto di epidemiologia di Trieste: «Le analisi sul liquor sono ancora in corso, ma siamo certi che i due casi fossero Tbe». In queste situazioni la diagnosi tempestiva è un salvavita. Purtroppo per la Tbe non esiste una terapia specifica per cui non si può far altro che osservare il caso, «finché la situazione non si risolve». La Tbe normalmente evolve in maniera asintomatica o in maniera lieve (nel 98% dei casi), fortunatamente l’evoluzione verso la meningo encefalite si verifica solo nell’1% dei casi. Le due pazienti ricoverate a Udine hanno dunque corso un serio rischio. Se per la Tbe non esiste un trattamento, è però possibile la vaccinazione, consigliata soprattutto per le categorie a rischio.
Il Gazzettino – 21 Luglio 2012