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Un caso di Tbc tra gli operatori di Ecofficina. Contagiato un uomo che, fino a maggio, lavorava nel centro di accoglienza profughi a Bagnoli: la conferma dalle analisi

Un caso di tubercolosi (Tbc) tra i 190 dipendenti di Ecofficina, la cooperativa sociale che gestisce l’accoglienza dei profughi nelle province di Padova, Venezia e Treviso. La conferma è arrivata ieri dal referto delle analisi effettuate attraverso il Servizio igiene e prevenzione sanitaria (Sisp) dell’Usl 16 di Padova, dove un operatore della coop si era sottoposto ad accertamenti. Immediatamente l’interessato è stato informato e, secondo indiscrezioni, pure Ecofficina, nonostante la smentita ufficiale della cooperativa che sostiene di non sapere nulla.

La Tbc è una malattia contagiosa con un alto tasso di incidenza nei Paesi sottosviluppati: diversi i casi accertati tra i migranti m Italia negli ultimi anni.

L’uomo contagiato non è più dipendente della coop dal maggio scorso. Lavorava come operatore sociale nel centro di accoglienza situato a Bagnoli (600 migranti tutti maschi) e, in precedenza, era a contatto con i migranti ospiti a Monselice e a Battaglia Terme (oltre un centinaio). I profughi risultano per il 90% provenienti dall’Africa subsahariana.

Possibile che il contagio sia avvenuto durante il lavoro, visto che il tempo di incubazione è di molte settimane? Al momento non c’è alcuna certezza. Ecofficina precisa, tramite il responsabile tecnico del centro di accoglienza di Bagnoli Simone Borile: «Non sappiamo nulla. Se c’è un caso di tubercolosi tra gli operatori è impossibile saperlo in quanto datori di lavoro: sono informazioni relative alla privacy a conoscenza solo del medico del lavoro, dell’interessato e dell’Usl di appartenenza. Tra i profughi, per ora, non abbiamo registrato alcun caso accertato ne di scabbia ne di tubercolosi». Due malattie non rare tra i migranti provenienti da aree a rischio. Le linee guida del ministero della Salute per il controllo della tubercolosi definiscono la Tbc «un rilevante problema di Sanità pubblica», anche se non necessariamente il paziente viene ricoverato ma può essere sottoposto a un trattamento ambulatoriale con isolamento domiciliare. Tuttavia «deve essere valutato il rischio di trasmissione…». In più «la scoperta di un caso di tubercolosi deve condurre a valutare il rischio di trasmissione e i fattori di rischio individuali di tutte le persone che possono essere venute a contatto del caso… La ricerca attiva e il controllo dei contatti di un caso di Tbc sono tra le più importanti misure preventive», si legge ancora nelle Linee guida che indicano «tra i gruppi a rischio, come fonte d’infezione… soggetti provenienti da Paesi ad alta endemia nei primi due anni di soggiorno in Italia». Come i Paesi dell’africa subsahariana.

Il Mattino di Padova – 11 agosto 2016 

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