La Regione decide di dismettere 38 partecipazioni indirette. Ma pochi scommettono sui tempi. di Daniele Ferrazza. Il direttore di Avepa Fabrizio Stella, il capo dell’Istituto zooprofilattico Igino Andrighetto e l’amministratore delegato di Veneto Strade Silvano Vernizzi sono i manager più pagati nella galassia di società controllate e partecipate della Regione Veneto. Guadagnano più di un consigliere regionale e più di un direttore generale di un’azienda sanitaria. Adesso la Regione ha deciso di mettere un po’ d’ordine nella giungla degli enti, delle società e degli organismi partecipati. L’obiettivo dichiarato è quello di risparmiare, anche sugli stipendi dei manager, che pure hanno subito una decurtazione nell’ultimo triennio. Ma per ora il fucile del risparmio regionale è puntato su appena 38 partecipazioni indirette.
Dalle azioni di Banca Etica alle quote di società completamente inattive come la Pedemontana Veneta e l’Interporto di Rovigo. Ci sono voluti tre anni e mezzo alla giunta regionale, dal suo insediamento, per produrre una delibera che «ordina» alle proprie società partecipate di dismettere le quote delle società ritenute non più necessarie. Insomma, più che un disboscamento appare una sforbiciata ai rami sporgenti. Perché la «foresta» di società regionali è più rigogliosa che mai: comprende una pletora di 178 «contenitori» che si occupano di tutto, dall’agricoltura al turismo, dall’innovazione alle strade. Ciascuno di essi poi, controlla direttamente o indirettamente decine di altre società. Alla fine, non si capisce perché, la Regione è arrivata a controllare quote infitesimali di banche e società di catering, alberghi e cantine sociali. L’opera di disboscamento, chiesta dal governatore Luca Zaia e applicata dall’assessore al bilancio Roberto Ciambetti, è ancora molto al di là da venire. E sono in molti a scommettere che, alla fine, la montagna degli annunci partorirà il classico topolino.
Quanto ai manager, nella prima fascia, oltre a Stella, Andrighetto e Vernizzi, troviamo il direttore di Veneto Lavoro, i direttori di Arpav e dell’istituto oncologico, il cui compenso è commisurato all’ingaggio dei direttori generali delle Usl. Nella seconda fascia, poco sotto i centomila euro l’anno, i manager di Veneto agricoltura, di Sistemi territoriali e il presidente di Veneto strade. Nella terza fascia i presidenti degli Ater, il cui stipendio è differenziato ma usufruiscono tutti di una diaria pari a poco più di 13 mila euro. Sorprende il trattamento «democratico» dei membri del Cda del Corecom: tutti i componenti, presidente compreso, percepiscono quasi ventimila euro ciascuno l’anno.
A dare voce allo scetticismo sull’operazione dismissioni della Regione è il consigliere regionale di Scelta civica Diego Bottacin, il più severo fustigatore di Zaia: «Si tratta solo di un annuncio, con il consueto rinvio a data da destinarsi. La promessa di tagliare il numero delle società partecipate sembra una cortina fumogena, utile a impressionare l’opinione pubblica e a rendere più lento e tortuoso il processo di dismissione delle società controllate». Stessa opinione ha Antonio De Poli, senatore Udc: «Speriamo sia la volta buona. Ci auguriamo che si passi presto dalle parole ai fatti. Qualsiasi decisione che vada nella direzione di riduzione di sprechi e sperpero di denaro pubblico è da noi auspicata. Alla Regione chiediamo ora tempi certi. Qualsiasi ulteriore rinvio vorrebbe dire che siamo solo davanti alla Giunta delle buone intenzioni».
Veneto agricoltura è scontro tra giunta e consiglio regionale
Fosse una società privata avrebbe già i libri di tribunale. Intermizoo, l’ente incaricato di fare ricerca sulla razza taurina e controllato da Veneto agricoltura, avrebbe debiti per quasi due milioni di euro. «Normale, per un ente che fa ricerca» rispondono in Regione: «La ricerca non paga». Meno normale è che nei consigli di amministrazioni delle società controllate da Veneto agricoltura continuino a sedere gli ex amministratori decapitati dalla Regione che ha mandato un commissario lo scorso giugno. Il leghista Paolo Pizzolato, ad esempio, è stato nominato nei Cda di Intermizoo Spa (partecipata al 95% da Veneto Agricoltura), di Bioagro Srl (partecipata al 98,66%) e di Csqa Certificazioni Srl (partecipata al 90,32%).
Mentre Giorgio Bonet, che smentisce di essere leghista (è stato vicesindaco di Gentilini a Treviso, ma vent’anni fa), dichiara di non avere più alcun tipo di rapporto con la Veneto agricoltura e le sue controllate: «Nel 2010 ho presentato la mia proposta di ristrutturazione dell’ente: nessuno la prese in considerazione». Laconica la risposta di Palazzo Balbi, sede della giunta regionale: «Una proposta indecente, che avrebbe fatto lievitare i costi». Diventa un caso Veneto agricoltura, l’allegro bancomat padano usato come vassoio un po’ da tutti. L’assessore all’agricoltura, Franco Manzato (Lega), denuncia l’inadempienza del consiglio regionale, che tiene fermo un suo disegno di legge. L’assessore non dica fregnacce, risponde il presidente della commissione agricoltura, il pdl Bendinelli.
Il Pd gongola: «E questa sarebbe la maggioranza?» Spiega l’assessore Franco Manzato: «Rinnovo il mio auspicio di una rapida approvazione da parte del Consiglio Regionale della riforma di Veneto Agricoltura, per la quale come Giunta abbiamo presentato un disegno di legge nel luglio del 2012, che è ancora in discussione. Il ritardo ci costa alcuni milioni». Replica a stretto giro di posta il presidente della commissione agricoltura Davide Bendinelli (Pdl): «La commissione e il Consiglio hanno sempre tenuto in considerazione le proposte legislative della giunta agevolando il loro iter e la loro approvazione, soprattutto quando queste iniziative si sono dimostrate valide e serie. Non è il caso del disegno di legge su Veneto Agricoltura presentato dalla giunta» sibila il presidente di commissione, che liquida la proposta di Manzato «superficiale e incompleta ».
Bendinelli assicura che la commissione rivolterà la proposta di Manzato come un calzino, ma al solo scopo di «evitare di riproporre l’ennesimo carrozzone». Controreplica serale dello stesso assessore Manzato: «Trovo bizzarro che ci si limiti a definire incompleto un disegno di legge datato luglio 2012 e mi auguro che non sia questo il motivo per cui la Commissione non perfeziona il testo e non lo manda in aula». Insomma, un carnevale. «La confusione regna sovrana, ma la giunta ha ancora una maggioranza?» si domanda uno stupito Graziano Azzalin del Pd, vice presidente della IV commissione consiliare. «Se si perdono tutti questi soldi per non aver avviato la riforma di Veneto agricoltura dove stanno le responsabilità?»
Ecco Veneto Agricoltura, l’allegro bancomat padano. Un buco di 5,5 milioni e la Regione manda il commissario
di Daniele Ferrazza. 400 dipendenti, 22 partecipate, 17 aziende sperimentali. Persino i revisori dei conti gettano la spugna. Nessuno mette in dubbio l’utilità dei 450 mila euro investiti per la valorizzazione del canneto Bonello Bacucco di Porto Viro (peraltro bellissimo) né i 164 mila spesi per uno studio sulla «wind energy off shore» (l’energia eolica in alto mare).
Né vorremmo essere accusati di criticare i 62 mila euro spesi la progettazione di sistemi di pretrattamento delle deiezioni cunicole (le cacche dei conigli) a fini energetici. E mai ci sogneremmo di obiettare che lo studio per la valorizzazione commerciale del pesce azzurro dell’Adriatico (45 mila) poteva farlo qualcun altro. Come del resto la realizzazione di fasce tampone forestali lungo il Passante di Mestre (200 mila euro: perché non paga la Cav?). Per lo stesso motivo sono utili iniziative la produzione pilota di vermi marini da esca, la selezione di lieviti autoctoni per il Lison, lo studio sulla domanda di legna da ardere nel Veneto (17 mila euro), l’analisi dei farmers market veneti (8 mila), lo studio sulla difesa del mais senza danneggiare le api (20 mila), la produzione sperimentale dello scazzone della Valdastico (15 mila).
Sembrano davvero uscite da persone che ne intendono. Abbiamo un solo, piccolo dubbio: servivano proprio 1.538 euro per «l’apertura e gestione del profilo istituzionale you tube e facebook» quando, per dire, l’ufficio stampa è composto da un dirigente e tre impiegati? E poi, per dirla tutta, perché la manutenzione delle piante verdi degli uffici di Agripolis costa a un’azienda che si occupa di agricoltura 11 mila euro l’anno? Avranno forse chiamato un’impresa di giardinaggio?
Benvenuti a Veneto Agricoltura, l’Azienda regionale per i settori agricolo, forestale e agroalimentare: diciassette sedi, 47 milioni di euro di bilancio, quasi quattrocento dipendenti e una pletora di società partecipate, centri e aziende strumentali. Si va dalla preziosa Intermizoo, il laboratorio per la sperimentazione delle razze taurine, alla Corte benedettina che fa ristorazione e catering. E poi 22 partecipazioni e 17 centri e aziende agricole.
Per «disboscare» questa architettura, che negli anni è diventato un feudo opaco della Lega Nord, il governatore Luca Zaia lo scorso giugno ha nominato un commissario: il dirigente regionale Giuseppe Nezzo, che già lo aveva accompagnato al Ministero dell’Agricoltura. La politica, più lesta di una volpe (a proposito: a quando uno studio sull’argomento?) si è riciclata nei consigli di amministrazione delle partecipate. Così i leghisti Paolo Pizzolato, fino a giugno amministratore unico, e Giorgio Bonet, direttore generale (è andato in pensione ma si è fatto dare una consulenza), si sono parcheggiati nei consigli di amministrazione delle partecipate.
«Un sistema di porte girevoli» ha denunciato il consigliere regionale Diego Bottacin. Che addirittura svela come quattro giorni prima del commissariamento, Pizzolato abbia trovato un posto – nel cda di Intermizoo – al suo predecessore Corrado Callegari, ex parlamentare della Lega. Insomma, la Lega ha davvero occupato praticamente tutti i posti, suscitando l’evidente imbarazzo dell’alleato Pdl. Un’occupazione che è parsa esagerata persino allo stesso assessore Franco Manzato, che dopo aver respinto un paio di blitz (l’assunzione di 65 nuovi dipendenti e due dirigenti), ha convinto Zaia a mandare un commissario vero, non pescato dalla politica. Nezzo si è già messo le mani nei capelli: la situazione è peggio di quel che ci si aspettava. Solo le diciassette aziende agricole e centri di Veneto Agricoltura perdono – bilancio 2011 – ben 5,5 milioni di euro (nel 2010 erano in perdita per 6,3 milioni). E nelle 22 società partecipate (dalla Cantina sociale di Premaore a quella del Terraglio, dall’Ente fiera Verona alla Nuova Pramaggiore srl) è bloccato patrimonio per 1,8 milioni di euro.
Se ne è reso conto anche il Collegio dei revisori, che rileva come «l’assenza nel bilancio finanziario degli ammortamenti non consente di rendere intelleggibile il grado e l’entità della perdita di valore dei beni strumentali utilizzati dall’Ente e dai suoi Centri e Aziende». Praticamente, come viaggiare a fari spenti nella nebbia. Insomma, Veneto Agricoltura appare davvero – a quasi vent’anni dalla sua felice intuizione – come un «bancomat della politica» verde padana.
Ed è un peccato, perché dentro la struttura ci sono le professionalità, la cultura e la competenza per fare bene semplicemente quello per cui era nata: sperimentazione e ricerca. E Dio solo sa quanto ce ne sarebbe bisogno, per aiutare l’agricoltura del Veneto a vivere senza i sussidi europei.
Il Mattino di Padova – 1 novembre 2013