Sara Ricotta Voza. Si parla di parità di genere e si pensa a consigli di amministrazione senza vertici rosa. Il dato è preoccupante ma c’è un ambito in cui l’assenza di genio femminile al comando toglie qualcosa di vitale all’intera società. E’ il campo delle scienze, della biologia, della fisica e dell’ingegneria. Qui le donne possono fare la differenza grazie alla specificità della loro intelligenza e creatività, specie in tempi di cambiamenti climatici e necessità di nuove forme di energia. Fenomeni su cui le donne sono in grado di avere l’idea giusta proprio per via del legame particolare con l’origine della vita.
Il manifesto
Per questo 18 anni fa è nato il programma «L’Oréal-Unesco for Women In Science», che premia scienziate e laureate in materie scientifiche, dà loro visibilità, le segue nel loro percorso di carriera e – in due casi – le ha viste arrivare fino al Nobel. Anche l’Italia fa la sua parte e da 14 anni con «L’Oréal Italia per le donne e la Scienza» assegna 5 borse di studio da 15 mila euro che da questa edizione diventano 20 mila. Sono state assegnate ieri a Milano da Cristina Scocchia, ad L’Oréal Italia alla presenza del ministro per la Ricerca Scientifica Stefania Giannini. Alla premiazione è stato annunciato anche il lancio di una campagna digitale per ottenere più visibilità e il sostegno delle istituzioni. Si tratta di sottoscrivere online il Manifesto di «For Women in Science» (www.forwomeninscience.com), già firmato da personalità del mondo accademico scientifico. I risultati della campagna, che si spera diventi «virale», saranno condivisi alla «9th European Conference on Gender Equality in High Education and Research» a Parigi dal 12 al 14 settembre.
Perché tanto è stato fatto ma i numeri dicono che c’è ancora da fare… «Nel mondo i ricercatori donna sono il 30%, nemmeno un terzo del totale – ricorda Cristina Scocchia – e da una ricerca della Fondazione L’Oréal è emerso che il 70% degli italiani ritiene che le donne non possiedano le capacità necessarie per accedere a occupazioni scientifiche di alto livello». Dati confermati dal ministro Giannini: «Le disparità crescono man mano che si avanza verso posti di potere: sono donne il 30% dei professori associati, il 20% degli ordinari, 4 o 5 su 80 rettori». Per questo firma subito il Manifesto e annuncia che il governo metterà il tema «nell’agenda del prossimo G7 in Italia e organizzerà qualcosa di molto importante per i 30 anni del Nobel a Rita Levi Montalcini».
Il premio
Quanto al Premio, le vincitrici hanno meno di 35 anni, risiedono in Italia e sono laureate in discipline nell’area delle scienze della vita e della Materia, comprese ingegneria, matematica e informatica. Le ha scelte – fra 320 – una giuria presieduta dal professor Umberto Veronesi. Queste 5 borsiste italiane del 2016 provengono da studi e città diverse, ma hanno in comune l’originalità delle ricerche. L’oncologa Martina Sanlorenzo sperimenterà l’efficacia di una terapia integrata contro il melanoma, l’astrofisica Irene Di Palma cercherà di captare «I suoni nascosti dell’Universo», la neurologa Valentina Emmanuele si concentrerà sulle malattie mitocondriali. Interessanti anche gli studi di Francesca Zoratto e Maria Vittoria Micioni, che cercheranno risposte a due disturbi del comportamento in ascesa, il gioco d’azzardo patologico e le abbuffate compulsive di cibo.
La speranza è che queste promesse italiane si confermino scienziate in grado di cambiare il mondo e la nostra vita di tutti giorni, come è stato per colleghe straniere come Mildred Dresselhauss, fisica che ha studiato i nanotubi in carbonio le cui applicazioni oggi troviamo nei materiali ultraleggeri per l’edilizia, le automobili, le biciclette. O come la biologa Brigitte Kieffer che ha isolato per prima il gene per il recettore degli oppioidi nel cervello, scoperta importantissima per sviluppare nuovi analgesici e dimostrare la base biologica della dipendenza.
La Stampa – 14 giugno 2016