Lo schema definitivo dei nuovi Lea è alle ultime limature. I nodi segnalati da sindacati, associazioni e categorie sono tanti e forse in parte inevitabili, per la difficoltà di contenere in un unico documento la complessità di interventi, di innovazioni, di modifiche in atto che stanno cambiando il volto del nostro Ssn. Senza contare che per quanto i fondi blindati dalla legge di Stabilità 2016 a favore dei nuovi Livelli essenziali di assistenza siano raddoppiati (ora 800 milioni), è evidente che l’universalismo è ormai una chimera.
La sostenibilità di cui tanto si parla non potrà fare a meno, pare di capire a leggere la bozza del Dpcm, del sempre più robusto contributo dei cittadini. Emblematico o il dialogo tra Fnomceo e ministero sul “decreto appropriatezza”, che tante tensioni ha creato in questi mesi e per il quale nei nuovi Lea si dovrebbe “trovare la quadra”.
Lo schema dei nuovi Lea, anticipato da Sanità24, è giunto al momento di andare in stampa alle ultime limature ministeriali. I nodi sono tanti, come evidenziato dalla carrellata di commenti esemplificativa di un malcontento ampio rispetto a un documento “monstre” – se si guardano gli allegati – che forse non è più adeguato a recepire e a regolamentare la complessità di interventi, di innovazioni, di modifiche che stanno cambiando il volto del nostro Servizio sanitario nazionale. Senza contare che – per quanto i fondi blindati dalla legge di Stabilità 2016 a favore dei nuovi Livelli essenziali di assistenza siano raddoppiati (800 milioni), rispetto alle previsioni iniziali fatte dal ministero nella prima versione di febbraio 2015 – è evidente che l’universalismo è diventato una chimera. La sostenibilità di cui tanto si parla non potrà fare a meno, pare di capire a leggere la bozza del Dpcm, del robusto, sempre più robusto, contributo del cittadino. Le prestazioni che escono dall’ospedale dovrà pagarsele in parte di tasca propria, così come una fetta di quell’innovazione – sacrosanta – prevista dal nomenclatore delle protesi e degli ausili.
Mentre restano da quantificare i costi della prateria sterminata del socio sanitario e della cronicità: qui il ministero ha lavorato a una ridefinizione puntuale dell’assistenza, basata sui bisogni. Ma i costi della riorganizzazione? Anche in questo caso, è difficile capire come comporre un puzzle cui mancano tessere fondamentali, come le nuove cure primarie cui Sisac e sindacati stanno mettendo mano. E questi sono solo alcuni input. I Lea nuovi nascono già in affanno malgrado di tempo ce ne sia stato: è che la coperta è corta e tutto, sotto, non ci può stare. In questo scenario l’appropriatezza, dovuta e doverosa, rischia però di trasformarsi anche in un grande alibi per giustificare all’occorrenza l’effettivo ridimensionamento dei Lea.
Non a caso, la presidente Fnomceo Roberta Chersevani e la ministra della Salute Beatrice Lorenzin si sono incontrate anche venerdì scorso per trovare una formulazione accettabile dell’articolo 16 dello schema di Dpcm su “condizioni o limiti di erogabilità delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale”, con cui si traghetta nei nuovi Lea la magagna del decreto appropriatezza.
Dal Sole 24 Ore sanità – 5 luglio 2016