Chance in calo per l’indipendenza. «Meglio l’autonomia». Dopo un lungo confronto politico e dopo il caso sollevato dalla (contestata) consultazione online allestita da Plebiscito.eu, è arrivato il momento dello showdown.
E’ convocata infatti per questa mattina la commissione Affari istituzionali del consiglio regionale, chiamata ad avviare la discussione sui due progetti di legge relativi alla convocazione di altrettanti referendum, stavolta istituzionali, come da Statuto e da Costituzione, con tutti i crismi dal caso, utili a dar corpo votante al malessere diffuso dei veneti tra crisi e antipolitica. La prima proposta, firmata dal consigliere di Futuro Popolare Stefano Valdegamberi, punta dritto al bersaglio grosso: «Vuoi che il Veneto diventi una Repubblica indipendente e sovrana? Sì o no?». La seconda, firmata dal presidente della commissione Costantino Toniolo e dal decano dell’assemblea Carlo Alberto Tesserin (entrambi Ncd), mira invece ad interpellare i veneti sulla loro volontà di ottenere più autonomia da Roma. I quesiti del referendum, in quest’ultimo caso, sarebbero da concordare col governo secondo un’ottica di «leale collaborazione», ma se Renzi & co. dovessero risultare sordi allora la Regione dovrebbe procedere comunque con cinque domande che vanno dal «vuoi che in Veneto resti l’80% delle tasse pagate qui?» al «vuoi che il Veneto diventi una Regione a statuto speciale?». Difficile rispondere di no.
Ora, è chiaro che dopo l’iniziativa degli indipendentisti l’attenzione sia concentrata soprattutto sul pdl Valdegamberi, nel quale ripongono le loro speranze i venetisti tutti senza distinzione di appartenenza (per una volta), oltre che la Lega Nord, tornata a cavalcare l’indipendentismo in vista delle Europee. Alla conta, però, potrebbe avere più chance il testo di Toniolo e Tesserin, abili a conquistare quell’ampia fetta del consiglio che, pur contraria alla secessione, non vuole comunque rimanere ai margini del dibattito autonomista (specie dopo la buriana sollevata da Plebiscito.eu: saranno pure 100 mila, e non 2 milioni, i votanti ma chi è disposto oggi a voltare le spalle a 100 mila preferenze?). Così se il referendum per l’indipendenza può giocarsela sul filo, grazie anche all’apertura di quei partiti, come Forza Italia, Ncd e Scelta Civica che pur contrari all’addio all’Italia sono favorevoli a che i veneti si esprimano «nel nome della democrazia» (e pazienza se questo implicherebbe perlomeno una valutazione di ciò che poi accadrebbe se vincessero i sì), il referendum sull’autonomia incassa un consenso pressoché totalitario, almeno alla vigilia. I primi ad aprire, tra gli scettici, sono stati ieri gli ex An riuniti in Forza Italia per il Veneto: «Non possiamo beffare l’opinione pubblica con proposte surreali ed irrealizzabili – dicono Massimo Giorgetti, Dario Bond e Piergiorgio Cortelazzo -. Mentre il referendum per l’indipendenza non è permesso dalla Costituzione, il referendum sull’autonomia è una strada valida e legittima, sulla quale possiamo aprire una partita con Roma. Perché il Veneto non può avere le stesse condizioni di autonomia del Trentino Alto Adige?». Già, perché? Se lo chiede anche il capogruppo del Pd, Lucio Tiozzo: «Non appoggeremo mai iniziative contro la Costituzione, che possono portare addirittura allo scioglimento del consiglio, ma siamo pronti ad aprire un confronto con lo Stato per fare del Veneto una Regione ad autonomia speciale. E vogliamo che l’applicazione dei costi standard sia inserita in Costituzione». Intanto l’Idv (che voterà a favore del pdl Toniolo-Tesserin) prova ad intraprendere una terza via: la fusione col Trentino Alto Adige: «Al malessere dei veneti bisogna rispondere senza sondaggi on line, ma pensando in concreto ed esprimendosi nel rispetto della Costituzione» dichiara Gennaro Marotta, al lavoro sul testo insieme al costituzionalista del Bo Luca Antonini.
Ma.Bo. – Corriere del Veneto – 1 aprile 2014