Undici mesi, figlio di vegani. Ricoverato per malnutrizione. Il dilemma dei genitori. Il bimbo ha carenze di vitamine. Papà e mamma indagati
Quando, dopo le iniezioni di vitamina B12, è arrivato il primo omogenizzato alla trota, Filippo l’ha divorato con un sorriso. E i genitori guardandolo si sono quasi commossi. «Avremo rimorsi, ma adesso abbiamo capito», hanno detto ai medici. Il loro figlio, undici mesi, era appena arrivato al pronto soccorso dell’ospedale Cisanello di Pisa in uno stato di denutrizione qualitativa e con un grave quadro clinico di regressione neurologica.
«Non riusciva né a gattonare e neppure a stare seduto», racconta Giovanni Federico, docente di pediatria all’Università di Pisa e responsabile di Diabetologia pediatrica all’ospedale Cisanello. Il motivo? Una dieta non appropriata che avevano deciso per lui i genitori, una coppia di vegani «integralisti», convinti che il piccolo potesse fare a meno di molti alimenti.
Avevano cercato di svezzarlo con una dieta vegana (ma scelta senza i consigli di un pediatra) che il piccolo aveva rifiutato e allora la madre aveva continuato ad allattarlo al seno. Ma il problema, spiegano i medici, è che anche la donna aveva carenze nutrizionali — per un’errata scelta degli alimenti vegani, in sé non dannosi se ben bilanciati — e una forte carenza di vitamina B12 che ha trasmesso con il latte al figlio. La B12 è indispensabile nei primi quattro anni per il sistema nervoso centrale.
I genitori di Filippo (un nome di fantasia), che vivono in provincia di Pisa, sono stati indagati per maltrattamenti. Il piccolo, trasferito dopo un aggravamento all’ospedale Meyer di Firenze, è ancora in una situazione critica ma i medici sono cautamente ottimisti, anche se è presto per sapere se i mesi di nutrizione non appropriata possono avere causato eventuali danni al piccolo.
Filippo è stato ricoverato a Pisa all’inizio della scorsa settimana, quasi per caso. Ha manifestato «strani disturbi» a casa e la madre ha chiamato un pediatra a pagamento perché non sembra (ma le indagini devono ancora accertarlo) che avesse scelto il medico assegnato dal servizio sanitario nazionale. Il dottore si è reso conto immediatamente della regressione neurologica del piccolo e ha disposto il ricovero. Sembra che oltre alla carenza di vitamina B12, nel sangue di Filippo siano stata trovati valori insufficienti di altri elementi come vitamina D e ferro.
Il piccolo, dopo le prime cure e lo svezzamento (non vegano) accettato dai genitori, sembrava star meglio. Poi, tre giorni fa, è arrivato un peggioramento del quadro clinico. Consulto dei medici pisani e trasferimento del paziente all’ospedale Meyer di Firenze. Altre cure e infine un nuovo miglioramento che fa ben sperare per il futuro.
La procura di Pisa e il Tribunale dei minori di Firenze stanno indagando. Anche sulle capacità dei genitori di Filippo di essere padri e madri responsabili. «Hanno sempre dimostrato affetto nei confronti del piccolo — dicono i medici — e il bambino non era affatto trascurato. Il problema è che si sono resi conto troppo tardi di aver deciso una dieta vegana sbagliata senza chiedere pareri a medici esperti».
Sembra inoltre che il piccolo abbia avuto una sorta di regressione posticipata. In un primo momento il suo sviluppo, con l’allattamento materno, è stato normale, senza segnali di alcun problema. Poi, dopo il tentativo di svezzamento, la situazione sarebbe precipitata.
«Non bisogna improvvisare. Soprattutto nel primo anno»
Il nutrizionista e il pediatra concordano sull’unica regola da seguire sempre: non improvvisare. E dunque, se si vuole allevare il proprio figlio con una dieta vegana, è indispensabile farsi aiutare da un medico specializzato. «L’ideale sarebbe rimandare la scelta di un regime alimentare simile a dopo il primo anno di vita del bambino, se non addirittura il secondo, perché i rischi da carenze di micronutrienti come zinco e ferro sono alti e si riflettono sul sistema immunitario, sull’apprendimento e sul quoziente intellettivo», avverte Gian Vincenzo Zuccotti, docente e direttore della clinica pediatrica Ospedale dei Bambini Buzzi di Milano. Finché il neonato si nutre soltanto del latte materno, cioè fino al sesto mese, tutto va bene. Spiega Marcello Ticca, vicepresidente della Società italiana di Scienza dell’alimentazione: «Se anche la mamma assume poco calcio, questa carenza non interferisce con il piccolo grazie a una sorta di legge naturale che lo protegge: il calcio viene infatti sottratto alle ossa della madre». Il vero problema, secondo lui, riguarda l’apporto energetico: «Un neonato raddoppia il suo peso nei primi cinque mesi e lo triplica in un anno. L’energia è necessaria per la costruzione dei nuovi tessuti. I vegetali, in assoluto, non sono privi di proteine, ma le contengono in maniera molto diluita: è il motivo per cui bisogna assumerne quantità importanti, impensabili per un bambino piccolo. Del ferro, per fare un altro esempio, gli spinaci sono ricchissimi, ma la massima parte si perde con la digestione». Ci sono poi carenze conclamate. Insiste Ticca: «La vitamina B12 è presente solo in alimenti di origine animale: è ben diverso privarsene da adulti, quando si può contare sulle riserve epatiche». Attenzione a non sostituire il latte materno con quello di soia o di riso. Dice Zuccotti: «Si tratta di bevande che non hanno alcun contenuto proteico». La dieta vegana per piccolissimi, però, non è impossibile: «Ci sono scuole pediatriche che la sostengono, ma bisogna seguirne con attenzione i consigli nutrizionali e le integrazioni. Insomma, senza improvvisare».
Marco Gasperetti e Elvira Serra – Il Corriere della Sera – 3 luglio 2015