Sul tavolo del negoziato per il rinnovo dell’accordo commerciale Usa–Ue irrompe il capitolo dei prodotti alimentari a denominazione d’origine. L’Italia e l’Europa ne chiedono da tempo il riconoscimento anche fuori dei confini Ue in modo da tutelare i prodotti alimentari di qualità dalle imitazioni e contraffazioni. Dal canto loro gli Usa non sembrano affatto sulla stessa lunghezza d’onda e anzi accusano i produttori europei di voler imporre, dietro il paravento della tutela, profonde restrizioni al commercio internazionale. L’accordo Usa–Ue è di grande importanza per il made in Italy. Nel 2013 sono stati spediti in America prodotti alimentari italiani per circa 2,8 miliardi di euro, il 10,6% dell’export alimentare made in Italy e il 10,4% del totale export italiano di ogni settore verso gli Usa.
«Si tratta di un mercato – spiegano in Federalimentare – di grande prospettiva. Nei primi 4 mesi del 2014 l’export alimentare verso gli Usa è cresciuto del 7,2% contro il +3,3% delle spedizioni alimentari totali. Dati che mostrano un’accelerazione rispetto allo scorso anno».
Ma queste pur rosee prospettive rischiano di restare sulla carta se non verranno risolte le contrapposizioni fra le due sponde dell’Atlantico. L’Europa è tornata alla carica per ottenere il riconoscimento dei marchi Dop e Igp forte dei primi timidi passi avanti compiuti in questo senso nell’ambito del negoziato Ue–Canada. Accordo che deve ora essere tradotto nei testi attuativi. Un passaggio tutt’altro che automatico tanto da aver già spinto il cancelliere tedesco, Angela Merkel, a sollevare alcuni dubbi. In più, negli Usa è partita da qualche settimana, orchestrata dal Consortium for Common Food Names, una accesa campagna dei prodottori Usa per promuovere la genericità di nomi come Parmesan, Asiago, Gorgonzola in contrapposizione alle Dop europee che Bruxelles vorrebbe invece tutelate. «I negoziatori Usa – spiega il segretario dell’Aicig (l’associazione dei consorzi dei prodotti italiani a indicazione geografica) Piermaria Saccani – non fanno mistero di considerare il sistema europeo delle Dop e Igp un freno alla libera circolazione delle merci. Si sono detti pronti a tutelare i nostri marchi ma a patto che l’Europa riconosca i loro nomi generici come Parmesan, Feta (prodotto dal 1925 nel Wisconsin) o Gorgonzola. Ipotesi che riteniamo non percorribile».
«Credo che occorra estendere agli Usa quanto di positivo è stato definito nell’intesa fra Ue e Canada – spiega il viceminsitro allo Sviluppo economico, Carlo Calenda –. In quell’accordo sono state definite modalità per garantire la convivenza fra i prodotti europei e gli omologhi realizzati in Canada da molti anni. La strada è quella di una trasparente informazione in modo da garantire che prodotti diversi siano chiaramente distinguibili». Questo è il percorso individuato per far convivere in Canada il Prosciutto di Parma Dop italiano con il Parma Ham prodotto in Canada da oltre 40 anni. In futuro i due marchi coabiteranno con l’evidenza della diversa origine. «Mentre invece – aggiunge Calenda – nel caso di prodotti italiani o europei che non abbiano all’estero degli omologhi chiederemo anche agli Usa, come fatto con le autorità canadesi, un riconoscimento pieno».
Intanto, Bruxelles pensa di estendere le indicazioni geografiche anche ai prodotti non agricoli. La Commissione Ue ha avviato una consultazione pubblica, primo step per arrivare a definire una disciplina comunitaria. «L’Unione europea – ha detto il Commissario per il Mercato interno e i servizi, Michel Barnier – è ricca di prodotti basati su conoscenze e metodi di produzione tradizionali come i cristalli di Boemia, i tartan scozzesi, il marmo di Carrara, il vetro di Murano. Prodotti che hanno un potenziale economico che non stiamo sfruttando appieno. Con l’estensione delle Ig potremmo preservare il nostro patrimonio unico».
Il Sole 24 Ore – 9 agosto 2014