«La campagna vaccinale contro l’influenza è del tutto compromessa». Lo sostiene Massimo Valsecchi, direttore del dipartimento di Prevenzione dell’Usl 20. All’origine di tutto, l’allarme, rivelatosi infondato, su alcuni lotti di vaccino. Fatto sta che, da quando esiste la vaccinazione antinfluenzale, una situazione del genere non si era mai verificata: antidoti fermi sugli scaffali delle farmacie nonostante siano disponibili, ormai, da due mesi. E la somministrazione tramite medici di base non sta andando meglio, anche se per le cifre precise si dovrà aspettare fine gennaio.
«Questa vicenda giudiziaria e mediatica ci ha danneggiato enormemente – spiega Valsecchi – pur non essendoci mai stato un reale rischio per l’utente. La situazione è grave e ormai irreversibile: è impossibile che, dopo tutto questo, i cittadini cambino idea in tempo utile».
Preoccupante, per il dirigente dell’Usl, il fatto che persino gli enti amministrativi (come i Comuni), che ricevevano gratuitamente un certo numero di dosi per assicurare la continuità di servizio, non hanno ritirato i lotti a loro riservati. Insomma, il sospetto è diffusissimo. Valsecchi non ha dubbi: «L’intera faccenda è stata gestita malissimo dall’Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco, ndr), alla stregua di dilettanti – spiega – non si possono diramare notizie allarmanti senza avere certezze. Si semina il panico e poi smentire il tutto è impossibile». Le rassicurazioni giunte in seguito, che hanno assolto il vaccino sospetto, si sono rivelate quasi inutili. Dopo i primi giorni di panico, non c’è stato nessuna sostanziale ripresa nella vendita in farmacia. Già prima del falso allarme, il prodotto non era dei più richiesti: i farmacisti veronesi avevano calcolato un calo del 30%, con punte del 70%. «Da allora la situazione è solo che peggiorata – fa sapere Marco Bacchini, presidente di Federfarma Verona – nell’ultima settimana, la farmacia che gestisco non ha venduto nemmeno un vaccino. E le richieste in ogni ambito sono pochissime. Un esempio? Una ditta privata, che di solito compra i vaccini da noi, ha dato la sua disponibilità a somministrarlo, come fanno da diversi anni, in azienda. Su quaranta dipendenti si è presentato uno solo. Finora avremmo venduto sì e no, un terzo di quanto abbiamo nei negozi».
I numeri, in tutto il Veneto, parlano di centomila vaccinati in meno rispetto al 2013: circa 650mila, contro i 765mila dell’anno scorso. La stima, del dipartimento di prevenzione regionale, preoccupa, perché potrebbe far saltare il «cordone sanitario». «Ovviamente – precisa Valsecchi – chi si è fatto il vaccino è a posto. Ma se a farlo è un numero sufficiente di persone, il virus circola molto meno. Un basso numero di vaccinati mette a rischio la popolazione». Senza contare, anche il danno economico: «La sanità regionale fa un pesante investimento: e infatti il vaccino costa solo 10 euro ai pazienti che non ne hanno diritto ad uno gratuito. Di certo se non lo comprano non è per questioni di indigenza. La verità è che siamo vittima di un sistema superficiale: ora temiamo anche per l’esavalente, ultimo vaccino ad essere accostato, da parte di un giudice del lavoro, e senza uno straccio di prova, all’autismo. In Veneto abbiamo dimostrato che è possibile abolire l’obbligo vaccinale convincendo le persone grazie alla trasparenza. Ora stanno rovinando tutto il lavoro fatto».
Davide Orsato – Corriere di Verona – 10 dicembre 2014