Perché loro sì e noi no? L’interrogativo di Capodanno è dei sindaci delle aziende sanitarie commissariate, in riferimento ai territori delle Usl salvate (le sette degli altrettanti capoluoghi) e soprattutto di quelle graziate (la 3 di Bassano del Grappa e la 10 del Veneto Orientale), i cui direttori generali si presenteranno tutti oggi così come disposto dal governatore Luca Zaia a margine della nomina.
«Queste deroghe smentiscono il principio della struttura provinciale unica», dicono i primi cittadini, prenotando in questo modo la ridiscussione della riforma che giace in commissione regionale, al netto di eventuali ricorsi evocati anche dall’ex assessore di reparto Flavio Tosi.
La rivoluzione in sanità sarebbe dovuta marciare su due gambe: da un lato l’Azienda Zero, dall’altro la riduzione delle Usl. E la seconda pareva quella più tonica, poggiando su un sostanziale consenso trasversale. Ma lo sdoppiamento delle province di Vicenza e Venezia, uscito dal cilindro di Zaia alla vigilia di San Silvestro, ha spiazzato il resto del Veneto. «Avremmo gradito che tutti venissero trattati nello stesso modo, invece alcuni si sono ritrovati un direttore a pieno titolo e altri soltanto un commissario: perché? Questo è un punto che dev’essere assolutamente chiarito, visto il malumore che sta causando», dice Paolo Perenzin, sindaco di Feltre, sede dell’Usl 2 che sarà commissariata dal suo ex dg Adriano Rasi Caldogno, titolare della 1 di Belluno. «Guardo con una certa apprensione al fatto che non è stato seguito un criterio lineare: se il concetto era una Usl per ogni provincia, non vedo perché due province debbano avere due Usl», concorda Floriano Zambon, primo cittadino di Conegliano e presidente della conferenza dei sindaci della 7 di Pieve di Soligo, che sarà commissariata (come la 8 di Asolo) da Francesco Benazzi, direttore generale della 9 di Treviso.
L’insoddisfazione serpeggia anche fra Cittadella e Monselice, con le Usl 15 e 17 affidate alla gestione commissariale di Claudio Dario, dg della 16 di Padova. «Con questi decreti Zaia ha rinnegato il progetto di legge 23 – attacca il dem Claudio Sinigaglia, componente della commissione Sanità – per cui sarebbe il caso che lo ritirasse e ne presentasse direttamente uno che prevede due aziende per provincia». Feltre ci sta. «Vogliamo vedere l’eccezione concessa al Bassanese e al Veneziano – sottolinea Perenzin – come l’apertura di una breccia. Per questo chiediamo la convocazione di un tavolo tecnico, con la partecipazione dei Comuni, per ripensare la futura legge». I margini ci sono, anche secondo i trevigiani. «La nomina dei direttori – osserva Zambon – ha anticipato una riforma che non c’è, senza però rispettarne la configurazione. Questo vuol dire che c’è ancora molto da discutere attorno al Pdl 23».
Gli amministratori locali assicurano di non volerne fare una questione personale. «Il nuovo dg Pietro Girardi mi ha già chiamata e siamo fiduciosi di poter lavorare bene», dice Graziella Manzato, presidente della conferenza dei sindaci dell’Usl 22 di Bussolengo, commissariata (come la 21 di Legnago) in favore della 20 di Verona. Ma proprio dal capoluogo scaligero arriva l’altolà del primo cittadino Flavio Tosi: «L’unico sdoppiamento che avrebbe avuto senso era quello di Belluno, per evidenti ragioni orografiche. Invece è stato concesso a Vicenza e Venezia, il che non solo risponde a logiche elettorali, ma espone anche la Regione al rischio di ricorsi. E poi che motivo c’era di nominare dei commissari in attesa della riforma?» Duro è anche Antonio De Poli, senatore dell’Udc: «Questa decisione è l’anticamera di una gestione sempre più centralizzata della sanità che perde di vista la connessione con i territori e crea un grande pasticcio».
Il Corriere del Veneto – 2 gennaio 2016