
Vaccini, i leader Ue divisi su come uscire dalla paralisi. Il summit. Bruxelles si difende: da dicembre esportati dall’Unione 77 milioni. Impegno a rilanciare produzione e somministrazione
«Accelerare la produzione, la consegna e la distribuzione dei vaccini rimane essenziale ed urgente per superare la crisi. Gli sforzi in questa direzione devono essere intensificati», si leggeva ieri sera in un canovaccio della dichiarazione finale, a vertice ancora in corso. Parlando ai capi di Stato e di governo, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato di aspettarsi la consegna di 360 milioni di dosi nel secondo trimestre, in aumento dai 100 milioni di dosi attesi tra gennaio e marzo.
Il vertice in teleconferenza, djurato un solo giorni anziché due, è stato segnato dalle tensioni del momento. Prima di tutto, la pandemia sta registrando una nuova ondata di contagi, mettendo tutti i paesi sotto pressione. Alcuni più di altri. In Ungheria, i decessi sono aumentati del 40% nell’ultima settimana. La situazione è molto difficile anche in altri stati membri della regione: in Repubblica Ceca, in Bulgaria e in Slovacchia. Queste differenze giungono mentre la ripartizione dei vaccini è sotto accusa.
In un primo tempo, la distribuzione dei farmaci doveva avvenire a seconda della taglia della popolazione di ciascun paese. In una seconda tornata, questo criterio è stato abbandonato per diverse ragioni. Ora i Ventisette stanno cercando un compromesso per ricomporre le divisioni e aiutare i paesi più in difficoltà o che per un motivo o per l’altro pensano di essere stati penalizzati nella ripartizione. A cavalcare il tema ieri sera era il governo austriaco.
Discussioni sono emerse anche per quanto riguarda la stretta sulle autorizzazioni all’export di vaccini decisa da Bruxelles. Italia e Francia sono favorevoli; altri – come il Belgio, la Svezia e anche l’Olanda – sono più freddi perché temono tra le altre cose di mettere a repentaglio il loro ruolo nella logistica. Secondo i dati comunitari, dal 1° dicembre scorso l’Unione ha esportato 77 milioni di dosi verso una quarantina di paesi terzi, di cui 21 milioni verso la Gran Bretagna (si veda Il Sole 24 Ore di ieri).
Nel frattempo, finora 88 milioni di dosi sono state ripartite tra i Ventisette (e 62 milioni di dosi sono state amministrate). Il confronto con la Gran Bretagna salta agli occhi. Secondo il sito Our World in Data, finora il Regno Unito ha vaccinato 46 abitanti su 100, l’Unione 14 su 100. Secondo voci circolate a margine del vertice, il Regno Unito avrebbe bisogno di farmaci dall’Unione per garantire la seconda dose del vaccino a 26 milioni di britannici. Nel bloccare l’export verso paesi terzi, Bruxelles vorrebbe quindi costringere il Regno Unito a esportare a sua volta verso l’Europa.
Il presidente Biden è intervenuto ieri durante il vertice (nel 2009 l’allora presidente Barack Obama incontrò i capi di Stato e di governo dell’Unione a Budapest in occasione di un summit bilaterale a cui erano presenti tutti i leader europei). Secondo le informazioni raccolte qui a Bruxelles, l’intervento dell’attuale presidente sarebbe stato l’occasione per confermare il desiderio di rilanciare il rapporto transatlantico. Resta da capire quale possa essere l’impegno americano sul fronte sanitario alla luce del principio America First nel vaccinare la popolazione americana.
Sempre ieri i leader hanno discusso anche della relazione con la Turchia, decidendo di aprire la porta a nuove forme di cooperazione, ma a condizione che Ankara «si astenga da nuove provocazioni», in particolare nel Mediterraneo Orientale. Sul versante della zona euro, i paesi membri hanno invece ribadito il desiderio di completare l’unione bancaria, progetto annoso che da anni manca di un terzo pilastro, quello dell’assicurazione in solido dei depositi.