La Consulta ha dichiarato “non fondate” tutte le questioni prospettate nei ricorsi della Regione Veneto sulla legge che ha introdotto l’obbligo per dieci vaccini. Secondo i giudici costituzionali, le misure in questione rappresentano una scelta spettante al legislatore nazionale. Il passaggio da una strategia basata sulla persuasione ad un sistema di obbligatorietà viene inoltre giustificato alla luce del contesto attuale caratterizzato da un “progressivo calo delle coperture vaccinali”.
La Corte Costituzionale ha dichiarato “non fondate tutte le questioni prospettate” dalla Regione Veneto contro la legge che ha introdotto l’obbligo vaccinale per i minori fino a 16 anni di età. “Le questioni sottoposte alla Corte costituzionale – spiega la Consulta in una nota – non mettevano in discussione l’efficacia delle vaccinazioni – attestata dalle istituzioni a ciò deputate (Organizzazione mondiale della sanità, Istituto superiore di sanità) e da una lunga serie di piani nazionali vaccinali – ma la loro obbligatorietà, sospesa dalla Regione Veneto con una legge del 2007 che aveva introdotto un sistema di prevenzione delle malattie infettive basato solo sulla persuasione”.
Secondo i giudici costituzionali “le misure in questione rappresentano una scelta spettante al legislatore nazionale. Questa scelta non è irragionevole, poiché volta a tutelare la salute individuale e collettiva e fondata sul dovere di solidarietaà nel prevenire e limitare la diffusione di alcune malattie”. La Corte ha considerato tra l’altro che tutte le vaccinazioni rese obbligatorie erano già previste e raccomandate nei piani nazionali di vaccinazione e finanziate dallo Stato nell’ambito dei Livelli essenziali di assistenza sanitaria (Lea).
22 novembre 2017