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Valeggio. Animali vietati nell’istituto di soggiorno. Poveri e anziani come ospiti. Ma non è un albergo per cani. Lo stabilisce una delibera comunale

Sono in molti a sottolineare l’importante azione della pet therapy, che si fonda sull’interazione tra uomo e animale, nelle strutture protette e nelle case per anziani. Nelle strutture comunali di Valeggio invece gli animali sono considerati solo un intralcio. Lo testimonia una delibera della giunta comunale che introduce come criterio discriminante per avere un posto nella casa albergo di via Castello, struttura che accoglie anziani e persone con disagi socioeconomici, quello di non avere animali. Nel documento, che poi porterà ad una modifica del regolamento che verrà votata in consiglio comunale, si precisa che «è fatto divieto agli assegnatari di inserire animali, ne chiedere autorizzazioni a farlo. Tale divieto vale sia in fase di nuova assegnazione che dopo l’ingresso». Gli animali già presenti dovranno essere gestiti secondo le norme igienico sanitarie per rimanere nella struttura e «al momento del decesso degli animali non potranno esserne accolti di nuovi».

Il mancato rispetto di queste condizioni «costituirà motivo di revoca dell’assegnazione o di esclusione dalla procedura di assegnazione». Per giustificare il cambio di rotta si precisa nel documento che il possesso di animali da parte di alcuni assegnatari della casa albergo ha comportato in alcune occasioni «l’onere di allontanamento degli animali stessi a carico del Comune, in seguito al verificarsi di episodi di incuria, precarietà igienico-sanitaria o abbandono, sebbene non volontario, in seguito a ricoveri ospedalieri degli alloggiati».

Per la giunta sarebbe anche un modo per allineare le norme a quelle vigenti negli alloggi protetti legati al Centro servizi per non autosufficienti Gaetano Toffoli. Un divieto che colpisce perché sono sempre più le esperienze che indicano come la presenza di un animale nella vita di persone anziane o disagiate abbia influssi benefici a più livelli (da quello fisico a quello emotivo) e, facendo diventare gli animali dei facilitatori sociali, permetta di stimolare nuove relazioni. Dopo l’approvazione di linee guida ministeriali sono tante ormai le case di riposo in cui vi sono Interventi assistiti con gli animali (laa) e la stessa Università di Verona ha attivato nel 2015 un corso di perfezionamento su questo, rivolto ad attività con cani, cavalli e asini. Molte anche le regioni (dal Veneto alla Lombardia) che hanno dato il via libera all’ingresso degli animali nelle case di riposo e negli stessi ospedali, pur con le ovvie precauzioni igieniche. Vedere il proprio animale, magari per un bambino oncologico, non è più considerato un capriccio ma un grosso aiuto per la qualità della vita. Risale al 2012 una sentenza del giudice tutelare Giuseppe Buffone di Varese che sancisce come «il sentimento per gli animali costituisce un valore e un interesse a copertura costituzionale». Del resto il beneficio degli animali e della loro compagnia nel trattamento di patologie, stati depressivi e molte altre malattie è noto e la pet-therapy nasce ufficialmente nel 1961 con il libro «II cane come co-terapeuta» di Boris Levinson, ma altri fanno risalire addirittura al ‘700 le prime riflessioni su questo tema. Per l’assessore al sociale Marco Dal Forno «le misure prese non vogliono dire che manchi la consapevolezza di quanto bene facciano gli animali ad anziani e persone con vari disagi, ma spesso ci si trovava di fronte a cani anche di grossa taglia, particolarmente difficili da gestire quando mancava il padrone. Quando ne parleremo in consiglio magari si potrà individuare qualche correttivo».

L’Arena – 10 maggio 2017

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