Per gli inquirenti l’ex bandito aveva contatti con affiliati al clan Perfetto e si era recato a Mondragone violando gli obblighi a cui era sottoposto. Le indagini partite due anni fa dopo un primo episodio di usura ed estorsione. Sequestrati beni per 2 milioni di euro. La moglie dell’ex rapinatore riscuoteva gli interessi applicati ai commercianti
Renato Vallanzasca stava per mettere in piedi un commercio di mozzarelle a Milano con il gruppo camorristico dei Perfetto, nato dal disciolto clan La Torre di Mondragone. Un progetto che però non si concretizzò anche a causa della revoca del permesso di lavoro giunto il 22 agosto del 2012 dopo le polemiche legate alla notizia della sua assunzione in un negozio di abbigliamento di Sarnico, nella provincia di Bergamo.
La vicenda emerge dall’ordinanza di custodia cautelare del gip di Napoli Maria Vittoria Fischini emessa su richiesta del pm della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea Cesare Sirignano che ieri ha portato all’arresto di 18 persone tra la Ciociaria e Caserta. Tra le persone finite in manette, ritenute responsabili di associazione a delinquere di stampo mafioso nonché usura ed estorsione, nelle province di Caserta, Latina, Milano, Napoli e Terni, c’è anche Antonella D’Agostino, la moglie del bandito milanese protagonista di molte rapine a partire dagli Anni 70 e più volte condannato per gravi reati. Il provvedimento della magistratura ha anche portato al sequestrato di cinque società, bar, ristoranti, beni mobili e immobili degli indagati per un valore di due milioni di euro.
Le indagini. Il lavoro degli inquirenti è partito nel 2011 dal commissariato di Cassino a seguito di episodi di usura ed estorsione a danno di alcuni imprenditori operanti tra Cassino e il basso Lazio. Intimiditi dagli atteggiamenti mafiosi dei camorristi, nessun imprenditore ha voluto collaborare con la polizia, che ha dovuto avviare una riservatissima attività investigativa durata oltre due anni. Il gruppo approfittava dello stato di bisogno delle vittime concedendo prestiti, e poi pretendeva oltre alla restituzione del capitale ingenti maggiorazioni, ottenendole grazie alla forte intimidazione esercitata con concrete minacce che andavano dalla sottrazione dei beni e cessione dell’attività fino ad arrivare a quelle di morte.
Le indagini si sono allargate a macchia d’olio consentendo di arrivare nell’agro di Mondragone, militarmente controllato dal clan Perfetto, dove la polizia ha individuato il capo, il luogotenente, coordinatore del braccio armato, i mediatori, il cassiere e i gregari.
Secondo le indagini portate avanti dagli agenti del commissariato di Cassino e della questura di Frosinone, la moglie di Vallanzasca aveva un ruolo di rilievo nella riscossione degli interessi applicati ai commercianti che erano caduti nelle maglie dell’organizzazione di usurai ed estortori. La donna, inoltre, è legata ai vertici del clan di Mondragone come anche ad alcuni esponenti del clan Esposito, radicato nel territorio di Sessa Aurunca. Secondo l’accusa ha avuto un ruolo di intermediazione in un’operazione di acquisto di un hotel nella cittadina campana e in alcune vicende di usura. Le indagini hanno inoltre consentito di raccogliere elementi sul coinvolgimento di Vallanzasca che risulta aver mantenuto rapporti con i gruppi criminali.
L’organizzazione agiva con un modus operandi violento nei confronti di chi non riusciva a fronteggiare il pagamento degli interessi mensili. Sotto usura erano finiti decine di commercianti del Cassinate, attanagliati dalla forte crisi economica.
Le mozzarelle della camorra. Il ‘progetto delle mozzarelle’ emerge in una conversazione telefonica intercettata nel maggio del 2012. “… Renà – dice Italo Zona a Renato Vallanzasca – mettiamo una cosa in piedi insieme lassù… mettiamo un grosso centro di smistamento di mozzarelle… una bella piattaforma… io ti mando tutti i giorni le mozzarelle!”. Zona rassicura Vallanzasca sull’organizzazione del progetto: “… metto tutto io… tu trovami solo il punto e poi te lo gestisci tu… e poi lo facciamo in società. tu non devi investire niente”.
Dalle intercettazione si capisce che Vallanzasca intende aderire al progetto, malgrado il timore per la scadenza, il maggio, del permesso di lavoro. Vallanzasca riesce a trovare anche un locale per la vendita, nella zona Navigli di Milano, e nella conversazione fa intendere di essere fiducioso nel successo del progetto perché la mozzarella è di ottima qualità (“… se è come quella (mozzarella) che mi avete fatto mangiare già …”). La circostanza fa comprendere agli inquirenti che Vallanzasca violando le prescrizioni a cui era sottoposto, si era recato a Mondragone.
Il “progetto Mozzarella”, però, alla fine, non si realizza: Italo Zona, a causa di un intervento al ginocchio, è costretto a rallentare e, nel frattempo, sopraggiunge la revoca, il 22 agosto, del permesso di lavoro. La commercializzazione della mozzarella mondragonese a Milano fu comunque avviata, ma da Giuseppe Perfetto, a capo dell’omonimo gruppo camorristico, con la collaborazione della moglie di Renato Vallanzasca, Antonella D’Agostino. Entrambi sono stati raggiunti oggi da provvedimenti d’arresto.
Repubblica – 10 dicembre 2013