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Varata la correzione da 1,6 miliardi. Tagli ai ministeri e agli enti locali, in vendita immobili per 500 milioni

Il Consiglio dei ministri ha varato la manovra correttiva per 1,6 miliardi. Tra le misure, la stretta alla spesa dei ministeri e ai trasferimenti agli enti locali per 1,1 miliardi e dismissioni di immobili. Il capitolo Cig è rimandato.

Saccomanni: ora obiettivo cuneo fiscale. Tagli semi-lineari per 550 milioni alle spese rimodulabili dei ministeri, con l’esclusione di Salute, Istruzione e Ricerca. Giro di vite per altri 550 milioni alle uscite degli enti locali (con incidenza sul deficit) collegate al patto di stabilità interno attraverso la sospensione degli sconti agli enti locali virtuosi. E vendita di immobili dello Stato per 500 milioni alla Cassa depositi e prestiti. È questa la copertura scelta dal Governo, alla fine di una lunga giornata in cui si sono rincorse molte voci su nuovi balzelli fiscali con conseguenti tensioni nella maggioranza, per il decreto sulla manovrina correttiva da 1,6 miliardi varato in serata dal Consiglio dei ministri per rientrare sotto il fatidico tetto del 3% del rapporto deficit Pil.

Nel provvedimento approvato al termine di una riunione durata oltre tre ore non compare, dunque, alcun aumento degli acconti Ires e Irap di novembre dovuti dalle società. Niente aumento anche per le accise sulla benzina, che era previsto soltanto nelle prime bozze del decreto legge.

Il testo finale prevede anche la destinazione di 190 milioni per fronteggiare l’emergenza immigrazione e di altri 20 milioni per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati. In questo caso la copertura è garantita da interventi sul Fondo rimpatri, sul Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso e dai versamenti Inps al bilancio dello Stato legati alle entrate derivanti dalla regolarizzazione degli immigrati.

Congelato invece il rifinanziamento della Cig in deroga per 330 milioni e di 35 milioni della social card che a questo punto scatteranno, almeno secondo la nuova road map dell’Esecutivo, con un decreto parallelo alla legge di stabilità da varare il 15 ottobre. Sarebbero state poi congelate anche altre misure inserite nelle varie del decreto: dagli indennizzi, per 5 milioni l’anno, alle imprese per danni causati dai “No Tav” fino al passaggio del Fondo di garanzia per le Pmi dal Mediocredito centrale al ministero dell’Economia.

Alla fine, il decreto è uscito dal Consiglio dei ministri in una versione più leggera di quella ipotizzata nei giorni scorsi. E soprattutto senza alcun nuovo balzello fiscale. L’ipotesi di un aumento degli acconti Ires e Irap sulle società ancora ieri mattina continuava ad essere gettonata. Un intervento sulle accise sulla benzina sembrava invece definitivamente tramontato già lunedì scorso anche se ancora ieri circolavano voci di un aumento dai 3 ai 6 centesimi. Ma il Pdl ha subito fatto muro. «Circolano varie indiscrezioni più o meno credibili, per lo più incredibili», ha affermato il capogrupoo Pdl alla Camera, Renato Brunetta, prima ancora che il Consiglio dei ministri terminasse. Ma prima ancora era stato il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, a cercare di sgomberare il campo dai dubbi escludendo categoricamente nuovi aumenti di tasse. E lo stesso ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, al termine del Consiglio dei ministri ha definito le voci su coperture di tipo fiscale «frutto di informazioni non corrette».

L’obiettivo primario del titolare di via XX Settembre è stato comunque centrato: riportare subito l’asticella del rapporto deficit- Pil sotto quota 3 per cento. E con questo risultato Saccomanni vola ora verso due importanti appuntamenti internazionali: oggi sarà a Washington per la riunione al Fondo Monetario Internazionale e lunedì approderà a Lussemburgo per l’Ecofin.

Quanto alle misure adottate, il decreto prevede un meccanismo ad hoc per semplificare e accelerare le procedure di dismissione di una fetta di immobili dello Stato per 500 milioni, che non saranno conferiti alla Sgr in fase di decollo al Tesoro ma verranno acquistati direttamente dalla Casa depositi e prestiti. Sul versante dei tagli, l’operazione innescata dal decreto punta a realizzare una riduzione di spesa per complessivi 1,1 miliardi. Metà dovranno arrivare da una stretta sulle spese rimodulabili dei ministeri, a cominciare da quelle con “impegni” non completati, dalla quale saranno esclusi i dicasteri della Salute, dell’Istruzione e della Ricerca. Gli altri 550 milioni saranno recuperati con un intervento sul Patto di stabilità degli enti locali che dovrebbe riguardare in prima battuta i cosiddetti comuni virtuosi.

Su questo fronte le bozze del decreto succedutesi fino al pomeriggio prevedevano anche la destinazione di 120 milioni al fondo di solidarietà comunale 2013 per assicurare ai Comuni il gettito Imu. Sempre nelle ultime bozze compariva la riduzione di 100 milioni del limite massimo di spesa che le Regioni possono escludere dal Patto di stabilità per sostenere programmi d’intervento con fondi Ue.

Fuori dai tagli ricerca, scuola e sanità. I risparmi ripartiti in parti eguali tra dicasteri e trasferimenti agli enti locali

Boccata d’ossigeno. Potranno ridurre Irpef e Irap le Regioni sottoposte a piano di rientro che hanno dato prova di comportamenti virtuosi

Circa 1,1 miliardi di tagli “semilineari” ai ministeri e agli enti locali, con l’esclusione di ricerca, istruzione e sanità, cui si aggiungono 500 milioni attesi dalla dismissione di immobili pubblici che transitano dal Demanio alla Cassa depositi e prestiti. Al termine del Consiglio dei ministri che ha varato la mini-correzione da 1,6 miliardi del deficit per l’anno in corso, è stato il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, a fornire il dettaglio delle coperture individuate dal Governo. Nessun aumento immediato delle accise sulla benzina per 6,5 centesimi al litro, come prevedeva la bozza preliminare del provvedimento. Nessun altro incremento dell’imposizione fiscale, mentre si era ipotizzato anche l’aumento dell’imposta di registro oltre a quello degli acconti Ires e Irap.

Nello specifico i tagli alle «spese rimodulabili» dei ministeri ammontano a 550 milioni, mentre per il resto si interviene sui trasferimenti diretti agli enti locali.

Non è stato facile individuare la copertura più idonea, e di certo i tagli a ministeri ed enti locali paiono non indifferenti, soprattutto perchè cadono nella parte finale dell’anno, e vanno ad aggiungersi ai 975 milioni già individuati sottoforma di uno degli addendi della copertura per l’abolizione della rata Imu di settembre.

Quanto agli incassi attesi dalla dismissione di immobili pubblici, si potrebbe aprire sull’argomento un confronto con Bruxelles, poiché si tratta di introiti la cui destinazione è la riduzione del fondo di ammortamento del debito pubblico. La lettura approfondita del decreto potrà consentire di chiarire la questione, considerato che l’operazione vede il coinvolgimento della Cassa depositi e prestiti, il cui raggio di azione fuoriesce formalmente dal perimetro delle pubbliche amministrazioni e dunque non transita per il deficit.

Nella bozza d’ingresso del provvedimento compare altresì una potenziale boccata d’ossigeno per le regioni commissariate o sotto piano di rientro dai maxi debiti sanita7 La Cassa depositi e prestiti (Cdp) è una società per azioni a controllo pubblico: lo Stato detiene il 70% del capitale, il restante 30% è posseduto da un gruppo di Fondazioni di origine bancaria. Cdp gestisce una parte importante del risparmio degli italiani, il risparmio postale, che convoglia in favore della crescita del Paese, finanziando i principali settori di interesse strategico ri, dove sono scattate le maxi aliquote Irpef e Irap. Se nell’ultimo triennio, in applicazione dei piani concordati col Governo, avranno ottenuto un deficit inferiore a quello del gettito fiscale extra incassato, potranno ridurre le aliquote oppure destinarne una parte a finalità extra sanitarie. Il jolly previsto dal Governo nel decreto, per la verità, non sembra poter avere nell’immediato molte regioni beneficiarie. Forse soltanto la Sicilia, come sembra di capire dalla postilla a corredo della relazione tecnica all’articolo del decreto. Con questa potenziale ciambella di salvataggio si modifica la Finanziaria 2010, che prescriveva l’obbligo di mantenere in vita le maggiorazioni fiscali locali per l’intera durata del piano di rientro dal deficit e di ristrutturazione del servizio sanitario regionale sotto indagine.

Resta ancora da definire la copertura per i 330 milioni che occorrono per finanziare l’ulteriore stanziamento per la cassa integrazione in deroga. Lo slittamento disposto ieri sera dal Consiglio dei ministri si deve all’ulteriore copertura da individuare. Stando a quanto ha annunciato lo stesso Saccomanni, sarà la prossima riunione di Governo, in programma per martedì 15 ottobre, a prevedere la copertura. È l’appuntamento con l’approvazione della legge di stabilità vero banco di prova per il governo. Vi sarà indicata la prima tranche di riduzione del cuneo fiscale, anche se ancora non è stata indicata una cifra (si ragiona su un range di 4/5 miliardi).

Il Sole 24 Ore – 10 ottobre 2013 

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