II governo Letta ha proceduto nel Consiglio dei ministri di venerdi all’istituzione di tre nuovi Ordini professionali: infermieri, ostetriche e tecnici sanitari. II provvedimento segna un’inversione di tendenza perché dopo un lungo ciclo all’insegna delle ipotesi di liberalizzazione delle professioni ora si torna indietro.
O comunque si sceglie una strada diversa. Basterebbe ricordare gli orientamenti del governo Monti che aveva espresso in materia ben altre idee suscitando, almeno inizialmente, la protesta degli Ordini esistenti. E vero che la querelle sulla loro abolizione si è molto stemperata e non perché le rispettive scuole di pensiero abbiano abdicato, tutt’altro. II motivo sta nell’impatto con la Grande Crisi che sta investendo pesantemente il terziario professionale e ha in qualche modo rimodulato le priorità relegando in secondo piano le «guerre» di religione. Abbiamo un numero elevatissimo di avvocati e architetti — solo per limitarsi a due esempi — che il mercato non riesce ad assorbire e di conseguenza è difficile sostenere che lo stesso mercato non sarebbe aperto. Ma dall’accantonare là battaglia per l’abolizione degli Ordini a istituirne dei nuovi ce ne passa. Ed è singolare che ciò avvenga con il timbro del premier Letta, che nelle varie sedi in cui ha avuto modo di far sentire la sua voce (Arel, Vedrò, workshop di Cemobbio) è sempre stato pro-libera1iz7azioni. II ministro Beatrice Lorenzin, che ha spinto il riconoscimento dei tre nuovi Ordini, potrà ribattere che esiste sulla proposta un consenso parlamentare bipartisan e che il provvedimento era stato promesso da lungo tempo ma sempre di svolta si tratta. E dopo il via a libera a infermieri e ostetriche che farà ora il governo? Dirà sì anche alle altre zo categorie? Avremo dunque gli Ordini dei tributaristi, degli amministratori condominiali, degli archeologi e dei traduttori? Per carità, nessuno mette in dubbio le esigenze di qualificazione e controllo che ciascuna di queste professioni porta avanti ma la risposta «un Ordine per tutti» assomiglia alla distribuzione di meri distintivi. Che come insegna Robert De Niro si accoppiano quasi sempre alle chiacchiere.
Corriere della Sera di domenica 28 luglio 2013