Ieri i sindaci delle città metropolitane sono usciti col sorriso dal faccia a faccia con Matteo Renzi: «Il presidente del Consiglio ci ha confermato che nel Documento di economia e finanza non ci saranno nuovi tagli negli esercizi 2016 e 2017», ha riferito Piero Fassino, numero uno dell’Anci.
Ma è per il 2015 che i primi cittadini dei Comuni di medie dimensioni, vale a dire la maggior parte di quelli del Veneto, dovranno continuare a piangere: dopo un quinquennio di lacrime, la mannaia statale minaccia infatti un altro anno di sangue. A cominciare dalle ulteriori decurtazioni al fondo di solidarietà comunale per 35 milioni, che insieme alle altre sforbiciate nazionali porteranno i municipi al drammatico bivio fra la riduzione dei servizi e l’aumento della tassazione.
Stando ai dati certificati dal dipartimento per gli affari interni e territoriali del ministero dell’Interno, fra il 2010 e il 2014 le scuri governative hanno già fatto scempio dei bilanci comunali, massacrando trasferimenti erariali e contributi vari per milionate di euro sintetizzabili nel -86,84% di Padova, nell’80,71% di Venezia, nel 64,4% di Treviso. «Ma la stragrande maggioranza dei tagli sono avvenuti in periferia, mentre al centro la dimensione delle politiche di austerità e di rigore è stata più leggera», commenta Giuseppe Bortolussi della Cgia di Mestre, evidenziando la riduzione patita fra 2009 e 2015 dalle amministrazioni locali (26,4 miliardi) rispetto a quella decisa da ministeri e autorità (6,4 miliardi), col risultato fra l’altro che domani a Roma saranno 500 i veneti alla manifestazione dei dipendenti delle Province.
Adesso nelle periferie dell’impero gli uffici ragioneria stanno stimando le contrazioni determinate dal nuovo riparto del fondo di solidarietà. «Un bacino alimentato grazie ai nostri versamenti e che speravamo finalmente di vedere redistribuito in base al criterio dei costi standard – spiega Giancarlo Piva, presidente della consulta finanza locale di Anci Veneto – non certo secondo il principio per cui “chi più spende, più prende”, scelto apposta per garantire i grandi centri. Alla nostra associazione nazionale chiediamo di cominciare a prendersi cura anche dei Comuni normali come i nostri».
La Venezia commissariata prevede un taglio di 17,7 milioni, da sommare ai 18 di penalizzazione per lo sforamento del patto di stabilità. «Ci restano piccoli margini di intervento su imposta di soggiorno e tariffe di asili e mensa, ma il dramma vero sarà il taglio dei servizi», dice Piero Dei Rossi, direttore del bilancio. «Renzi dovrebbe ricordarsi di quand’era sindaco», fa sapere Achille Variati, primo cittadino di una Vicenza che si aspetta una rasoiata per almeno 2,7 milioni, «ma dopo aver tolto perfino l’acqua calda in municipio dovremmo forse inasprire la pressione fiscale, cioè quello che non abbiamo mai fatto?». E quello che il sindaco Massimo Bitonci non ha la minima intenzione di fare a Padova, pure a fronte di «nuovi tagli per 2,7 milioni, ma siccome in nove mesi abbiamo già ridotto le tasse di 11 milioni, adesso cerchiamo piuttosto nuove sacche da aggredire, cominciando dalla cancellazione dell’iscrizione e dei contributi ad associazioni inutili».
Cerca nuove strade pure Verona, che dovrà rinunciare ad «almeno 8 milioni, stima nostra, perché oltre a toglierceli non ce li quantificano nemmeno», lamenta l’assessore Pier Luigi Paloschi. «A Treviso dovrebbero essere poco più di 2 milioni – afferma l’assessore Alessandra Gazzola – ma grazie ad una revisione completa della redazione del bilancio speriamo di non dover mettere mano a imposte e servizi». Nella Rovigo commissariata si parla della rinuncia ad almeno 1,5 milioni. «A Belluno fra un taglio e l’altro saranno quasi 2 milioni – ipotizza il primo cittadino Jacopo Massaro – e nonostante la nostra severa politica di contenimento della spesa dovremo ridurre i servizi, anche sociali, per colpa dei Comuni-canaglia».
10 aprile 2015 – Il Corriere del Veneto