Pulizia, i luoghi a rischio. Sindacati e imprese: colpa della legge. Le caserme? «Beh, gli stanzoni ormai li puliscono i commilitoni. Il comandante va dalle mie signore e dice loro: al massimo pulite i bagni e il mio ufficio. Fine».
Le Poste? «Le Poste le mie signore ormai devono pulirle a tempo di record e con i dipendenti dentro: venti minuti per pulire 60 metri quadri, mezz’ora per pulire 80 metri quadri. In venti minuti e con le scrivanie piene cosa riescono a pulire?».Per non parlare delle questure: «I vetri? Se vengono puliti una volta al mese è tanto. Siamo ridotti ai servizi obbligatori per la legge di pubblica sicurezza: i cestini da svuotare, le cose maleodoranti da portare via e metà dei bagni esistenti. Fine».
La mappa del dissesto dei locali di pubblico accesso è disegnata in modo sconsolato da Margherita Grigolato, segretaria della Filcams Cgil del Veneto. E quelle che lei chiama «le mie signore» sono l’esercito delle donne delle pulizie di cui possono gestire le cooperative che si aggiudicano gli appalti di pulizia. Il peccato originale per la Grigolato è la legge sugli appalti al massimo ribasso: «La media è una riduzione del 35-40%, ma è una media del “pollo”, perché in alcuni istituti la riduzione è stata del 5%, in altri dell’80». E per una volta sindacati e «padroni», lavoratori e cooperative, sono tutti dalla stessa parte. Perché è di questa corsa a proporre e accettare servizi al minimo del minimo, secondo sindacati e cooperative, la colpa del caos d’inizio anno nelle scuole veneziane e venete, ma anche di tutta la galassia dello sporco e dei nugoli di polvere che sempre più si levano da mense, uffici postali, caserme, questure e perfino banche. «Banche, sì – insiste la Grigolato – ci sono cooperative che per prendere l’appalto di alcuni istituti bancari avevano applicato il contratto Unci, che prevedeva 6 euro lordi l’ora, e per fortuna che è stato abbandonato e dichiarato incompatibile con la dignità dei lavoratori». E se qualcuno, come Angelo Grasso, presidente di Confcooperative, dice che il fondo è già stato toccato, questo non vuol dire che non possiamo aspettarci di peggio per il futuro: «Se le nostre cooperative perdono gli appalti – spiega Grasso – li perdono perché non sono più competitive nei confronti di chi non paga il personale, non paga i contributi e abbassa la qualità del servizio. Così diventano poco concorrenziali nei confronti delle cooperative spurie: coop che vengono costituite al momento dell’appalto e che sono un po’ banditesche, formate da persone che non hanno nulla a che fare con la cooperazione, ai limiti della legalità». E questo in tutti i settori che hanno a che fare col pubblico, non solo nella pulizia: dallo sfalcio dell’erba alla manutenzione delle strade comunali ai trasporti comunali. «Quando vincono queste cooperative formate all’ultimo – conclude Grasso – e scalzano quelle che hanno sempre agito correttamente, c’è qualcosa che non va».
Soluzione? Per tutti, la soluzione sembra essere quella di cambiare la legge. E per il pubblico, l’unico modo di tutelarsi sarebbe quello di mettere una clausola sui controlli e sugli standard di qualità minimi. Perché, ed è questo l’altro elemento che emerge, il pubblico che bandisce gare al ribasso «non può non sapere che chi partecipa può farlo solo ribassato – spiega Andrea Rizzi, presidente regionale della Legacoop -. Alcune dichiarazioni che vedo in questi giornisono irritanti: ci sono imprese buone e imprese meno buone, ma la responsabilità base è di chi costruisce un appalto per risparmiare. Sappiamo che bisogna risparmiare, farlo in modo lineare è facile, farlo cum grano salis è tutta un’altra storia. Questa operazione è stata fatta senza alcuna logica, con tagli anche del 70 per cento. Il ministero è responsabile, perché una riduzione del servizio, con i soldi messi a disposizione, è inevitabile. La situazione non si può rattoppare: o si ripensa completamente oppure ho qualche dubbio che si possano risolvere i problemi». Bepi Sbalchiero, presidente degli artigiani veneti, spinge anche più in là la questione, senza bisogno di cambiare la legge: «È evidente – spiega – che uno che prende un appalto col 30-40% di ribasso è uno che non rispetta le regole. Allora, se io sono il pubblico, i servizi a uno così, semplicemente, non li affido. Non è legge di mercato questa. Ci vogliono maggiore rigore e maggiori controlli in chi prende gli appalti. Si deve controllare. Punto!».
Sara D’Ascenzo – Corriere del Veneto – 15 gennaio 2014