Quanto valgono gli esami di notte e nei fine settimana? Per ora, appena l’1% del totale delle prestazioni erogate dagli ospedali del Veneto.
Il dato è ufficiale. I primi numeri certificati della sperimentazione, per quanto ancora sintetici, sono stati resi noti ieri dal top manager della sanità regionale, Domenico Mantoan, davanti alla quinta commissione del consiglio regionale. Nel dettaglio: 10 mila prestazioni diagnostiche a settembre, quando l’orario dilatato è stato introdotto a livello generale; 15 mila a ottobre; 20 mila nelle prime tre settimane di novembre. Totale, 45 mila. Come si vede, il trend è decisamente in crescita ma, su un monte di quasi 4 milioni di prestazioni annue, parliamo di una zolla che adesso vale, per l’appunto, l’1% (ma parliamo di tre mesi, su base annua si sale a un tendenziale 4,5%). «Sono dati positivi – ha assicurato Mantoan -, poiché ci dimostrano il gradimento da parte dell’utenza e la capacità di organizzazione delle aziende sanitarie e del personale sanitario». «Solo l’1% dei veneti che aveva bisogno di un esame strumentale – lo ha rintuzzato Antonino Pipitone, medico e consigliere regionale dell’Idv – ha prenotato in orario serale oppure il sabato o la domenica: mi sembra un risultato davvero modesto».
Le cifre sono destinate a essere incrementate, oltre che dalla progressiva abitudine dell’utenza a prenotare in orari o giorni finora inaccessibili, anche dall’ampliamento del ventaglio di prestazioni da parte degli ospedali. Fino a oggi, infatti, gli esami che si potevano eseguire in turno serale oppure nel week end erano Tac, risonanze magnetiche, ecografie e mammografie. «Da dicembre – ha annunciato Mantoan – allargheremo anche a radioterapia e medicina nucleare. Inoltre, una volta superato il primo test di prova, procederemo a nuove assunzioni per stabilizzare il servizio». Quanto alla voce «costi», il massimo dirigente della sanità ha assicurato i consiglieri che la Regione è rimasta «all’interno del budget della spesa storica», grazie alle risorse già previste per la libera professione dei medici e per l’acquisto di prestazioni da esterni (25 milioni di euro l’anno).
Rimane un questione cruciale, che i consiglieri di opposizione non hanno mancato di sollevare durante il dibattito in commissione: le prestazioni serali e festive sono effettivamente in aggiunta, e quindi contribuiscono allo smaltimento delle liste d’attesa e all’aumento della produttività dei macchinari diagnostici, oppure gli ospedali hanno semplicemente spostato dopo cena (o nei week end) un certo numero di esami (e di utenti) che, prima, venivano eseguiti in orario canonico? «Questo non ci è stato detto – sottolineano i democrat Claudio Sinigaglia e Giampietro Marchese -, con una reticenza da parte della giunta regionale a diffondere i dati dettagliati che rappresenta una brutta pagina per la politica veneta». Insinua Diego Bottacin (gruppo misto): «Le cifre fornite sono soltanto dati parziali e sintetici, sorge il dubbio che la Giunta non voglia essere più trasparente con l’opinione pubblica per addomesticare i risultati a proprio uso e consumo». Domanda secca di Raffaele Grazia (Futuro popolare): «È vero che continuano a esserci macchinari sottoutilizzati perché manca il personale? Ci sono aziende più virtuose di altre? Sarebbe tempo di saperlo».
Mantoan, spalleggiato dal consigliere di maggioranza Carlo Alberto Tesserin (Pdl), ha abbozzato, promettendo nel giro di un mese dati ragionati e più dettagliati. Ma, ha garantito sin d’ora, tra i benefici sicuri apportati dall’apertura serale e festiva degli ospedali, c’è lo snellimento dei tempi di attesa nei pronto soccorso, grazie alla maggiore disponibilità dei macchinari diagnostici in orario diurno.
Corriere del Veneto – 26 novembre 2013