Un fondo di 300 mila euro per contribuire a sostenere le spese legali dei piccoli risparmiatori beffati da Veneto Banca e Popolare di Vicenza. È questo il coniglio estratto dal cilindro di Luca Zaia, durante un consiglio regionale straordinario che rischiava altrimenti di avvitarsi su se stesso, fra una risoluzione inevitabilmente figlia dei compromessi politici e una commissione d’inchiesta fatalmente priva di poteri cogenti.
L’iniziativa sarà inserita nella legge di bilancio, mentre i due punti all’ordine del giorno ieri sono stati approvati da una Grosse Koalition fra centrodestra e centrosinistra, che ha lasciato fuori solo il Movimento 5 Stelle.
Convocata nella stessa giornata che ha visto il rinnovo dei vertici di Veneto Sviluppo, la seduta era stata pensata come funzionale a conferire alla finanziaria regionale il mandato politico di rafforzare le garanzie a favore delle aziende che hanno in pancia i titoli svalutati dei due istituti. Così in effetti è stato, con la previsione di Zaia di arrivare a garantire 1,5 miliardi di euro in fidi alle imprese. Ma il governatore si è preso due minuti e mezzo in più, dei venti che aveva a disposizione, per annunciare una misura a sorpresa, confidando di averla fatta approvare in giunta ancora lo scorso 23 dicembre (e suscitando ulteriore stupore per il fatto di aver resistito per quasi un mese alla tentazione mediatica di divulgarla). «Ho evitato di darla in pasto alle cronache perché ci trovavamo in un momento tragico, dopo l’assemblea di Veneto Banca, ma volevamo essere vicini ai 205 mila soci», ha chiosato il leghista, chiedendo platealmente e ripetutamente al presidente del consiglio regionale Roberto Ciambetti se fosse possibile far approvare immantinente il disegno di legge da parte dell’aula: «Si può? Ah, non si può? Davvero occorre un passaggio in commissione? Ma allora perché non la riuniamo subito?», e via di questo passo, sotto gli occhi comprensibilmente interessati dei piccoli azionisti («Meglio di niente», hanno commentato). «No che non si può, perché questo provvedimento richiede una copertura finanziaria e noi siamo in gestione provvisoria», ha poi spiegato Ciambetti, suggerendo che il tema possa essere inserito via emendamento nella maratona di metà febbraio.
Indubbiamente si tratta di una goccia nel mare, tanto che gli stessi uffici regionali stimano in non più di 150-300 i possibili beneficiari: ipotizzando una spesa media di 1.500 euro a pratica, i destinatari del contributo sarebbero 200. Ad ogni modo sarà la giunta a specificare, come recita il primo dei tre articoli (di fatto l’unico sostanziale), «le categorie di prodotti finanziari oggetto d’intervento, i limiti reddituali per l’accesso al beneficio, nonché presupposti, condizioni e modalità di erogazione del sostegno finanziario», che dovrà essere «finalizzato all’assistenza legale delle persone fisiche residenti in Veneto danneggiate dall’acquisto di prodotti finanziari presso sedi o filiali di istituti bancari, autorizzati ad operare in territorio veneto». Comunque sia resta la valenza politica dell’iniziativa, auspicata a metà dicembre dalla Lista Tosi con una mozione e ieri elogiata da Alessandra Moretti. «Dobbiamo spogliarci dalle casacche di partito e vestire quella dei veneti – ha evidenziato la capogruppo dem – attorno a quattro priorità: difendere i piccoli risparmiatori, tutelare il sistema economico, esigere trasparenza dalle banche e agire istituzionalmente in modo compatto nei confronti del governo nazionale».
Quest’ultimo è un argomento contenuto nella risoluzione trasversale che impegna la giunta anche «ad attivarsi presso il governo della Repubblica nel caso di azioni di arbitrato conseguenti ad eventuali situazioni di non corretta gestione accertate dalle autorità competenti». Proprio su richiesta del Partito Democratico, invece, rispetto alla bozza condivisa lunedì con Lega Nord e Zaia Presidente sarebbero spariti i nomi delle banche, come Etruria &C., nel paragrafo che incarica la presidenza del consiglio regionale di attivarsi «presso le autorità comunitarie europee per rappresentare alle istituzioni dell’Unione il caso veneto, la sua peculiarità e alterità rispetto alle situazioni di default registrate da altre realtà». Un’ulteriore modifica del testo originario sarebbe inoltre stata imposta da Zaia, che avrebbe chiesto di togliere un passaggio ritenuto eccessivamente benevolo nei confronti dei (solo parzialmente rinnovati) vertici di Montebelluna e di Vicenza, tanto che la versione definitiva chiede anzi «all’attuale governance e al management dei due istituti di tener fede al progetto di discontinuità rispetto al passato».
Via libera poi alla commissione d’inchiesta, che resterà in carica due mesi (rinnovabili per altri due) e sarà presieduta dal tosiano Stefano Casali («Sono certo che questo organismo farà un lavoro preciso e importante»). Respinti tutti gli emendamenti del M5S, che chiedeva di far lavorare piuttosto la Quarta Commissione e in subordine di avere la presidenza. «Solo noi garantiremmo la trasparenza», ha sottolineato il capogruppo Jacopo Berti, che ha chiesto invano un organismo di tutela dei risparmiatori ed una clausola di salvaguardia territoriale per le banche. A proposito di trasparenza, intanto, Bpvi ha diramato il calendario degli incontri con associazioni di categoria (21 gennaio), comitati (27 e 28 gennaio), cittadini di Vicenza (8 febbraio) e Treviso (10 febbraio).
Il Corriere del Veneto – 20 gennaio 2016