Stop a chi ha fatto due mandati, ai sindaci e ai consiglieri regionali. Vecchia guardia addio. Il processo era stato istruito da tempo e ieri, puntualmente, la direzione nazionale della Lega Nord ha pronunciato la sua sentenza: alle elezioni di febbraio non potrà ricandidarsi chi ha già alle spalle due o più mandati in parlamento.
Una regola semplice semplice che verrà proposta al consiglio federale e, se approvata (e rispettata alla lettera), segnerà la fine della carriera romana per molte figure storiche del movimento, dal capogruppo alla Camera Gianpaolo Dozzo alla triumvira Manuela Dal Lago, dal tesoriere Stefano Stefani al capogruppo al Senato Federico Bricolo, dal deputato Guido Dussin al senatore Paolo Franco, fino all’ex sottosegretario alla Sanità Francesca Martini. Formalmente, tutti gli uscenti verranno ripresentati nella lista sovrabbondante che martedì planerà in via Bellerio (97 nomi per 75 posti) ma si tratta, per l’appunto, solo di una ricandidatura pro forma: «Il lavoro sporco – sussurra un colonnello – lasceremo che lo facciano in via Bellerio». Non sarà una passeggiata, questo è certo: più di qualcuna delle vittime designate si prepara infatti a vendere cara la pelle.
Tant’è, la decisione era attesa perché la base ribolle, specie dopo l’affaire Belsito & co., e da settimane va chiedendo un giro di valzer che, dopo il ricambio nelle segreterie, porti aria fresca anche nella capitale. Di nomi, raccontano, non s’è ne è parlato per niente ma tra gli uscenti restano alte le quotazioni dei veronesi Matteo Bragantini e Giovanna Negro (deputati di fiducia del segretario nathional Flavio Tosi), della polesana Emanuela Munerato (l’ex operaia che Maroni avrebbe voluto a capo del Sinpa) e del padovano Massimo Bitonci (leader dei lealisti bossiani). Una seconda decisione presa ieri a Padova, importante e foriera di un certo malumore, è lo stop ai sindaci dei Comuni con oltre 5 mila abitanti, peraltro già anticipato alla vigilia dal vice segretario federale Federico Caner: non potranno candidarsi perché, così facendo, costringerebbero il loro Comune a tornare alle urne ed il tradimento della fiducia data loro dai cittadini non viene visto come un segnale positivo. Se ci saranno delle eccezioni, saranno vagliate con attenzione e comunque limitatamente ai casi prossimi alla scadenza del mandato. I segretari provinciali che vorranno essere inseriti in lista, invece, saranno commissariati. A proposito di Caner: il vice di Maroni, che è pure capogruppo in Regione, con la sua decisione di rinunciare al ruolo di capolista ha finito per trascinare con sé pure gli altri colleghi a Palazzo Ferro Fini che nutrivano la speranza di approdare a Roma. Gli assessori Daniele Stival e Maurizio Conte ed il consigliere Luca Baggio, dunque, resteranno in laguna (piccolo retroscena: pare che a spingere per questa soluzione sia stato il governatore Luca Zaia, che non vedeva di buon occhio un rimpasto in giunta; Conte, poi, temeva che il suo posto in «quota Padova» potesse essere dato come «esterno» al rivale Massimo Bitonci). Altro paletto: 5 anni di militanza per gli uomini, 3 per le donne (che dovranno essere il 30% dei candidati, si vedrà in quali posizioni). E’ stata poi abbozzata la scansione dei primi posti in lista al Senato, su base territoriale (nell’ordine: Treviso, Belluno, Padova, Vicenza), mentre per la Camera si sa solo che Verona dovrebbe avere le prime due posizioni del Veneto 1 (Bragantini e Negro?), seguita da Vicenza.
Intanto, sul fronte opposto, continuano le trattative tra gli aspiranti candidati della lista civica di Monti, dove cresce l’insofferenza verso i rigidi parametri imposti dal Professore. Al Senato l’ex Pdl Fabio Gava (al primo mandato) viene confermato come capolista mentre rischia Maurizio Fistarol (per lui sarebbe il quarto giro). Le liste per la Camera, dove Monti pretende di leggere solo nomi della «società civile», dovrebbero essere invece guidate nel Veneto 1 dal vice segretario nazionale della Cisl Giorgio Santini (dietro di lui il padovano Domenico Menorello, il vicentino Alberto Toldo, forse il veronese Manfredi Ravetto) mentre nel Veneto 2 se la giocano Andrea Causin (sponsorizzato dalle Acli ma è «politico» e dovrebbe lasciare il consiglio regionale per lasciar spazio a Piero Marchese del Pd), il commercialista Enrico Zanetti e l’avvocato Alessio Vianello, tutti veneziani (dietro di loro, i trevigiani Maria Assunta Botteon e Riccardo Scattaretico ed il bellunese Giancarlo Ingrosso). In calo le quotazioni del deputato ex Pd Giampaolo Fogliardi
Marco Bonet – Corriere del Veneto – 7 gennaio 2013