Il successo di «Faux gras» (e i dubbi dei buongustai). Decisivi sono stati i video degli animalisti dove si mostrano le sofferenze inflitte alle oche, ingozzate di mangime. E così in Francia, ma non solo, è scattata una nuova offensiva pre-natalizia contro il foie gras.
Il Paese è stato messo sotto inchiesta dalla Commissione europea perché il 75% del prezioso paté sarebbe prodotto in condizioni illegali, ma la protesta ha presto valicato i confini nazionali per coinvolgere anche la vicina Gran Bretagna: giovedì la Camera dei Lord ha ritirato il foie gras dal menu mentre il ministro dell’Agricoltura ha chiesto ai cittadini inglesi di boicottarlo, come ha già fatto lo scorso ottobre in Italia la Coop, che ha deciso di non venderlo più.
Quello del foie gras è un mercato «crudele» che solo in Francia coinvolge, ogni anno, 700 mila oche e 4 milioni di anatre. Ma la rivincita degli animali passa ora attraverso le creative battaglie dei difensori dei loro diritti, i quali, come racconta Le Monde, stanno scuotendo la coscienza dei francesi e degli europei, invitandoli a trascorrere feste di fine anno senza crudeltà. E diffondono nuovi prodotti come il «Faux Gras», pubblicizzato soprattutto in Belgio dal sodalizio animalista Gaia: un «finto» paté vegetale, di produzione tedesca (Tartex) che ormai si trova anche nei supermercati alla modica cifra di 3,50 euro all’etto. L’aspetto è verosimile, ma il gusto? C’è chi storce il naso di fronte a un vago sapore di cannella e tartufi, ma è consolante sapere che, oltre ad essere eticamente corretto, ha il 40 per cento in meno di calorie di quello vero.
Anche in Italia i paté biologici cominciano ad essere apprezzati (quelli della Allos e della Landkrone sono al gusto di curry o di peperoncino oppure mescolati a polvere dei preziosi funghi essicati Shitake), mentre cresce l’interesse per tutte le alternative agli alimenti di origine animale.
Perché tanti sono i cibi «crudeli» o scarsamente ecocompatibili. Nella lista dei peggiori, l’americano Huffington Post inserisce, ad esempio, il tonno rosso, forse il caso più clamoroso di pesca intensiva, dove la quantità di pesce catturato supera di gran lunga la quota consentita con pericolose conseguenze ambientali (la specie mediterranea è quasi al collasso). E non va meglio con le pinne di squalo, «lussuoso» cibo della cucina cinese (dove una zuppa può costare anche 70 euro) che comporta l’usanza cruenta di tagliare le pinne allo squalo vivo, per poi rigettarlo in mare dove spesso muore dissanguato. Senza dimenticare le aragoste che secondo tradizione vengono buttate nell’acqua bollente mentre sono ancora vive. Ma anche la carne d’allevamento è finita nella lista nera dell’alimentazione americana: allevare animali destinati alla macellazione industriale è dannoso sia per l’ambiente, provocando inquinamento da gas metano, sia per gli animali, spesso tenuti in condizioni impossibili.
E dunque è il momento delle alternative vegane e vegetariane: tonno e salmone, ad esempio, contengono gli acidi grassi essenziali Omega 3? Ebbene, al loro posto, si possono utilizzare olio e semi di lino, in assoluto la fonte vegetale più ricca di questo prezioso elemento. Nulla di punitivo: sono infatti l’ingrediente base dell’ottima crema Budwig, pilastro della dieta Kousmine, sempre più seguita. I semi macinati vanno mescolati a succo di limone, semi oleosi (noci, mandorle o nocciole), yogurt e frutta fresca. Quanto alla carne, in prima fila tra i suoi sostituti ci sono i legumi (dal lupino ricco di azoto al tempeh o alla soia sempre più diffusa), seguiti dalle farine di cereali (come il seitan o il muscolo di grano), per finire con il tofu, detto anche «formaggio vegetale», in realtà una proteina, sempre ricavata dai fagioli della soia.
E per veglione di fine anno, Cornelia Pelletta, che tiene i corsi di cucina vegetariana socratica, suggerisce un «paté d’oca contenta», fatto mescolando proprio il tofu, tagliato a dadini e sbollentato, a carciofini sott’olio, oppure a funghetti, o ancora a pomodorini secchi, mentre Dario Cicala, che gestisce la gastronomia naturale «Mens Sana» a Milano, propone paté a base di legumi, creme di lenticchie rosse (bastano 15 minuti e un tocco di curcuma) o ancora lo strudel di alghe, con pasta sfoglia di kamut. Dulcis in fundo, l’hummus macrobiotico di Elena Alquati, dell’associazione «L’Ordine dell’Universo»: ai ceci messi a bagno per un’intera notte e cotti per un’oretta si aggiungono le preziose prugne umeboshi, la tahina e cipolla grattugiata cruda. E sarà un veglione all’insegna della bontà.
Giovanna Pezzuoli – Corriere della Sera – 23 dicembre 2012