Timori per gli effetti giuridici e politici di un plebiscito prima delle elezioni. C’è il residuo fiscale da venti miliardi di euro che fa rabbia a tutti, c’è l’inefficenza della pubblica amministrazione romana che dà fastidio a molti, ci sono gli sprechi delle Regioni meridionali che sono inaccettabili e poi tutti i vantaggi di quelle a statuto speciale che fanno parecchia invidia.
Ma chi sente la febbre da Veneto autonomo o, meglio ancora, da Veneto indipendente, per il momento deve mettersela via: il più amato (il più odiato?) dei referendum, quello sull’autonomia e sull’indipendenza della nostra Regione, quello che deve essere indetto al più presto dal consiglio regionale sulla base dell’ormai celeberrimo progetto di legge 342, sembra mettere in difficoltà perfino i suoi sostenitori.
La Tachipirina che sta raffreddando anche i più convinti fautori del referendum sono le vicine elezioni europee del 25 maggio, tanto che i capigruppo a palazzo Ferro Fini hanno deciso di sacrificare perfino i normali lavori legislativi del parlamentino per due mesi pur di non dover discutere la legge referendaria prima di aver apparecchiato la tavolata di Bruxelles. Di fatto, per evitare sovrapposizioni con la campagna elettorale (perché un conto è parlare di referendum e un altro e agire concretamente), il consiglio non si riunirà più fino al prossimo 10 giugno costi quello che costi.
D’altra parte i consiglieri sanno benissimo che discutere in aula la legge 342 non è come annunciarla da un palco o discuterla e approvarla in commissione Affari costituzionali (cosa peraltro già avvenuta) perché le conseguenze potrebbero essere pesanti. A detta di quasi tutti i costituzionalisti interpellati dal consiglio regionale il rischio è un intervento della Corte costituzionale che potrebbbe ravvisare nell’approvazione del referendum un attentato all’unità d’Italia e quindi potrebbe procedere allo scioglimento del consiglio regionale a cui il presidente della Regione Luca Zaia ha rinviato con eleganza la responsabilità dei giochi. («Io dico che il consiglio è sovrano e che sarà il consiglio a decidere, ovviamente valutando tutte le opzioni»).
Ed è evidente che tra le opzioni dei nostri eletti, non figura l’aspirazione a essere commissariati o anche solo allontanati dalla vita politica. E quindi, per una volta, i capigruppo si sono trovati d’accordo hanno deciso di rinviare a giugno tutti i provvedimenti (compresi quelli urgenti) per evitare di trovarsi a discutere di indipendenza in un periodo ancora troppo caldo. «Ho votato contro la decisione di sospendere i lavori del Consiglio per due mesi – sottolinea Diego Bottacin (Scelta Civica) -. È ridicolo rimandare la patata bollente del referendum al dopo elezioni, rimandare non serve a nulla. Dovevamo andare avanti come aveva promesso qualcuno». Il Pd, che già era uscito dall’aula durante la discussione del progetto di legge 342 in commissione, però non ne ha voluto sapere. Già si trova a dover gestire equilibri difficili tra la spinta autonomista degli elettori veneti e la volontà centralista del capo di governo (e loro segretario di partito) Matteo Renzi. Dover scegliere se strappare con l’elettorato locale o con i vertici romani proprio alla vigilia di un’elezione non è il massimo. Non tanto diversa la situazione per Ncd e Forza Italia. Anche là ci sono problemi di rapporti dentro e fuori dalla nostra regione (nè Silvio Berlusconi né Angelino Alfano sono strenui sostenitori dell’indipendenza del Veneto) e allora ben venga una sospensione (salvifica) dei lavori.
E la Lega? Ci si aspetterebbe che abbia dato battaglia senza quartiere per spingere sulla votazione del referendum quanto prima. Invece no. Anche gli indipendentisti del Carroccio hanno preferito – di comune accordo con gli altri capigruppo – rimandare tutto il pacchetto al dopo elezioni quando le agitate acque della politica saranno un tantino più tranquille.
«Io mi sono attenuto alle richieste dei quattro quinti della conferenza dei capigruppo come prevede il regolamento», alza le braccia il presidente del consiglio Clodovaldo Ruffato schivando qualsiasi altro commento. Lui, da presidente, il suo lo ha fatto: i consiglieri non andranno in vacanza a riposarsi visto che le commissioni consiliari continueranno al ritmo di una o due al giorno fino alla seconda metà di maggio, quando l’incombenza elettorale non permetterà nemmeno una riunione. «Io avrei fatto anche una riunione del consiglio – ammette Pierangelo Pettenò – ma gli altri partiti hanno insistito e, visto che le commissioni continuano a lavorare lo stesso e l’attività istituzionale va avanti senza problemi, ho votato a favore». In fondo i consiglieri non temono di essere criticati per questa improvvisa e lunga vacanza pasquale.
«Questo non è certo un problema – ride Pettenò -. Qui da noi, come già detto, le commissioni vanno avanti, mentre sono altre attività che si fermano per le vacanze. Provate a prendere appuntamento con un magistrato della Corte dei conti in questo periodo. Vediamo se lo trovate in ufficio…».
Alessio Antonini – Corriere del Veneto – 17 aprile 2014