Pubblichiamo l’interessante intervento dell’Ordine dei medici di Vicenza, uscito sul Giornale di Vicenza del 14 ottobre. Quando l’ayatollah Khomeini mise in fuga lo scia Rheza Pahlavi, la Persia veniva indicata come “Il Trono del pavone”, denominazione scomparsa con l’avvento della Repubblica degli ayatollha e della Suprema Guida sciita. Oggi il “Trono del pavone” – seppure in senso figurato – sembra essere diventato l’Italia, dove leader, leaderini e aspiranti leader non perdono occasione per fare la ruota e pavoneggiarsi in Tv o attraverso i più tecnologicamente avanzati Facebook e Twitter, enfatizzando i “grandi risultati” ottenuti o, comunque, annunciati, anche quando questi risultati sono raggiunti sulla pelle dei cittadini.
L’ennesimo esempio di questo andazzo lo ha recentemente offerto il presidente Zaia, commentando i risultati del monitoraggio dell’Agenzia Italiana del Farmaco dal quale risulta che nel primo semestre dell’anno la spesa farmaceutica in Veneto ha fatto segnare un nuovo calo del 4,2% rispetto allo stesso periodo del 2013. Le ricette nella nostra Regione sono infatti passate da 21 a 20,5 milioni, con un calo del 2,2% contro il dato nazionale in aumento dello 0,3%. “Ecco cosa significa saper applicare i costi standard in sanità a 360 gradi, controllando l’entità della spesa e innalzandone la qualità” è stato l’enfatico commento del presidente del Veneto. Certo che risparmiare qualche milione di euro è una bel risultato per le asfittiche casse regionali, ma siamo sicuri che sia un vantaggio per l’appropriatezza delle cure al cittadino? E ci si chiede come si sia raggiunto questo risultato?
Di sicuro si risparmia grazie alla sempre maggiore diffusione dei farmaci generici, meno costosi di quelli “griffati”, ma “risparmiano” anche gli assistiti: lo dicono i farmacisti che sempre più frequentemente si trovano di fronte pazienti che rinunciano all’acquisto della medicina prescritta perché il ticket è superiore alle loro possibilità. Oppure, che è il rovescio della medaglia, forniscono farmaci a pagamento a chi se li può permettere. Si innalza così la “qualità delle cure”? I medici devono quotidianamente sottostare – in nome del gran moloch della spending review – a una distorta gestione delle politiche del farmaco che sono improntate esclusivamente alla “conta delle scatole”, con scarsa attenzione all’efficacia, all’appropriatezza e alla sicurezza delle prescrizioni.
Se il fine della politica del farmaco è di livellare la spesa, è ovvio che il livellamento non può che essere al ribasso e se il medico, per buona coscienza, non si adegua, ecco la bacchettata della Direzione dei Servizi Sociali e della Funzione Territoriale dell’Ulss:“la proiezione a fine anno dei dati fin qui disponibili indica che solo il 53% dei nostri Medici di Medicina Generale rispetterà il tetto fissato dalla Regione. Il valore stimato per i pazienti pesati a Lei in carico è pari a X euro, e quindi superiore al tetto pro capite pesato annuo assegnato. La invitiamo fortemente quindi a porre particolare attenzione all’appropriatezza prescrittiva….”.
Con tutto il rispetto dovuto ai nostri alacri dirigenti, l’appropriatezza prescrittiva è una decisione che spetta al medico sulla base del suo mandato, che non è solo scientifico ma anche assistenziale. O deve trasformarsi in un economista che tenga conto prima del costo del medicinale e poi delle reali esigenze del paziente?
Attenzione, perché insistendo con ottusa fiscalità sulla “conta delle scatole”, il rischio è di romperle al cittadino!
14 ottobre 2014