E il consenso a Monti è più alto (17%) che nel resto d’Italia. Quelli del Pd lo vanno sbandierando da quando, battendo tutti i record di precocità rispetto agli avversari, l’8 gennaio hanno chiuso e divulgato le loro liste elettorali, con dodici giorni di anticipo sulla scadenza di legge
«Per la prima volta, i sondaggi ci dicono che il Veneto è contendibile anche al Senato (la partita di gran lunga più interessante e decisiva per le sorti del futuro governo, ndr): siamo pronti a giocarcela fino in fondo».
Per capire l’enormità del cambiamento di prospettiva, in una regione che vota a larga maggioranza sostanzialmente allo stesso modo (prima per la Dc, poi per il centrodestra-Lega) da quando esiste la Repubblica, basti pensare che soltanto tre anni fa, quando Luca Zaia sbaragliò gli avversari per la presidenza della Regione a capo di una coalizione Pdl-Lega Nord, la differenza fra i due schieramenti fu di 30 (trenta!) punti percentuali. In termini assoluti, un abisso di quasi 790 mila voti.
Oggi, appena 34 mesi più tardi, il Veneto è diventato improvvisamente terra (quasi) in equilibrio. Merito – o causa – di due fattori principali: l’onda discendente del consenso verso l’asse Pdl-Lega, che tornano a ripresentarsi in coalizione dopo il traumatico finale dell’ultimo governo Berlusconi; la comparsa sulla scena di almeno altri due soggetti politici capaci di attrarre una massa di voti in doppia cifra – lo schieramento di Monti e i 5 Stelle di Grillo -, comparsa che frazionato la platea elettorale del Veneto, abbassando notevolmente la soglia dei consensi necessari per la vittoria nella competizione per il Senato (che si colloca qualche punto sopra il 30%).
Tutti questi ragionamenti, naturalmente, si basano sui sondaggi demoscopici. I quali, per loro natura, sono fallibili e contengono un margine di errore, però sono indicativi di una tendenza che, per quanto riguarda il Veneto, mai era stata registrata prima d’ora. L’ultima rilevazione dell’istituto Ispo, guidato del professor Renato Mannheimer, per il Corriere della Sera, ha svelato che la distanza tra le due principali coalizioni in regione è ridotta a meno di 4 punti, sempre a favore del centrodestra. Un sondaggio Ipsos commissionato dal Pd riduce ulteriormente questo divario: le linee tendenziali di voto in Veneto vedrebbero Pierluigi Bersani fra il 30 e il 33%, mentre Silvio Berlusconi sarebbe appena più su, tra il 31 e il 34%. Fino a poco tempo fa, la forbice tra centrodestra e centrosinistra era molto più ampia, pari almeno al 10% se non di più. Cosa è accaduto nelle ultime settimane? Per esempio – rileva proprio Mannheimer – è accaduto che una quota dell’elettorato leghista veneto ha avuto una crisi di rigetto verso l’ennesimo accordo elettorale con il Pdl berlusconiano, allontanandosi dal Carroccio. Tanto che oggi, rispetto al sorpasso storico sugli alleati effettuato nel 2010, la Lega veneta sarebbe tornata sotto nei consensi rispetto allo stesso Pdl.
Sia come sia, il vantaggio – per quanto esiguo – del centrodestra rende ancora molto probabile la vittoria al Senato della coalizione berlusconiana. Secondo questa proiezione, il premio di maggioranza (che per il Senato si assegna per l’appunto su base regionale, come se fossero venti elezioni separate l’una dall’altra) garantirebbe all’accoppiata Pdl-Lega 14 seggi dei 24 che si assegnano nella nostra regione: un risultato che, unito al probabilissimo successo del centrodestra nella grande Lombardia, renderebbe assai ardua, se non impossibile, l’impresa che Bersani ottenga una maggioranza solida a palazzo Madama.
L’altro dato che colpisce nella rilevazione Ispo sul Veneto arriva dal consenso attribuito alla coalizione centrista del premier uscente Mario Monti, qui nettamente più alta (è accreditata di un 17,4%) che altrove in Italia. Se così fosse, i montiani si porterebbero a casa ben tre senatori (nell’ordine: Dalla Zuanna, De Poli e Gava), relegando a soli 5 eletti il bottino di Pd-Sel. Rimangono due seggi senatoriali da assegnare: sono l’appannaggio del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, il cui gradimento sfiora il 10%. Calante, ma sempre importante.
Alessandro Zuin – Corriere del Veneto – 22 gennaio 2013