La spasmodica attesa è rimasta tale. Dopo che i tamburi in consiglio regionale avevano rullato per giorni sulla seduta congiunta delle commissioni Statuto e Affari istituzionali, chiamate tra ieri e lunedì a ridisegnare le Province dopo la non-decisione della Conferenza Regione-Autonomie locali, ecco che il verdetto è stato rinviato ancora una volta, a stamattina (forse).
Il tempo, a questo punto, stringe davvero: oggi pomeriggio inizia infatti il consiglio regionale che ha all’ordine del giorno proprio il piano di riordino delle Province, da spedire poi entro mercoledì prossimo a Roma. Sotto il profilo dei contenuti, almeno a leggere i resoconti, le due commissioni non sembrano aver fatto né un passo avanti né uno indietro: siamo fermi allo start. Due le proposte su cui i consiglieri saranno costretti a votare al fotofinish. La prima è quella approvata dalla Conferenza Regione-Autonomie Locali, che prevede di fatto il permanere dello status quo, con richiesta al governo di derogare alla norma che sarà applicata nel resto d’Italia mantenendo tutte e sette le attuali Province. La seconda proposta si rifà invece alla risoluzione depositata dal Pd che prevede 2 «aree metropolitane» (Verona-Vicenza e Padova-Treviso), in sostituzione delle attuali relative Province e intese come organismi di coordinamento di area vasta, oltre alla città metropolitana di Venezia, quindi una deroga per la Provincia di Rovigo e la nascita di una Provincia «dolomitica» che prenderebbe il posto di quella di Belluno.
Ora, si è già detto in occasione della decisione della Conferenza Regione-Autonomie locali che la prima proposta non ha alcuna chance di arrivare in fondo (il governo, subodorando un simile escamotage, ha infatti già previsto in capo se stesso un potere sostitutivo, per cui quel che non si deciderà a Venezia verrà deciso a Roma), sempre che, ed è questo quel che sperano molti consiglieri, l’ipotesi di soppressione delle Province più piccole non finisca per naufragare tra i flutti parlamentari, fino alle elezioni Politiche, per poi annegare definitivamente nella prossima legislatura. Resta in piedi la proposta del Pd, cui va dato atto di averci almeno provato, ma l’impressione è che Pdl e Lega non accettino di lasciare all’opposizione il pallino di una partita tanto importante. «L’unica proposta attualmente sul tavolo è la nostra – sottolinea il democrat Bruno Pigozzo – dalla maggioranza, invece, nessun segnale di reazione. D’altra parte la linea del centrodestra è ormai chiara: decidere di non decidere. Per non cambiare nulla. E così alla nostra richiesta di votare direttamente la nostra proposta Lega e Pdl si sono trincerati dietro un atteggiamento attendista, rinviando la seduta a domani mattina (oggi, ndr.)».
Aggiunge Pietrangelo Pettenò della Sinistra: «In commissione la discussione si è impantanata e nemmeno è stato chiarito con quale modalità si voglia procedere per la discussione in aula, se con un provvedimento amministrativo o con una risoluzione che salvi Belluno assieme a Rovigo e Treviso, le province che non rientrano nei parametri del decreto del governo Monti. Per il resto, non c’era altro da decidere e, quindi, in realtà, quale sforzo è stato fatto?».
Corriere del Veneto – 17 ottobre 2012