Preoccupanti i dati di Coldiretti sulle produzioni danneggiate dalla continua assenza di precipitazioni. Berzacola: «A Verona meglio che altrove grazie all’apporto dell’Adige ma la Bassa, le Valli Grandi e la montagna, con l’alpeggio dei bovini, soffrono»
La produzione di mais ha registrato il calo massimo: -50 per cento Verona. Da Caligola a Lucifero, senza soluzione di continuità e con la prospettiva di almeno altri otto giorni di «graticola»: e mentre i veronesi boccheggiano per l’afa e il caldo record, le campagne, invece, piangono. Perché se fino a dieci giorni fa si parlava di allarme, ora siamo in piena emergenza siccità. Non usa mezzi termini il presidente di Coldiretti, Damiano Berzacola, nel descrivere la situazione dei raccolti dopo due mesi e mezzo a secco: «Possiamo solo sperare che piova, anche se in periodi di gran caldo come questo un temporale può essere distruttivo e portare con sé la grandine: ormai, in molti casi, il danno è fatto». Un danno, quello della più grave siccità degli ultimi anni, che si attesta in Italia intorno a un miliardo di euro. E un allarme rosso per le produzioni orticole, frutticole e, a caduta, per gli animali.
PRODUZIONE A PICCO. Mais, soia, pomodoro gli ortaggi per cui l’assenza di un’adeguata irrigazione si sta traducendo in un segno meno che raggiunge i massimi livelli. «A soffrire in particolare è la zona della Bassa e delle Valli Grandi, dove si sta concludendo il periodo della battitura del mais: qui la produzione registra quasi un -50 per cento», spiega Berzacola. «In affanno anche l’alta montagna e le coltivazioni di erba da fieno: dopo un buon primo taglio tra maggio e giugno, ora la siccità avanza e si prospettano problemi per l’alpeggio dei bovini».
COSTI ALLE STELLE. Migliore la situazione nella zona frutticola pedemontana, alle prese con la raccolta delle pesche e l’inizio di quella delle mele e delle pere. «Qui, grazie al Consorzio di bonifica veronese (che ha la responsabilità della corretta regolazione delle acque irrigue, ndr) la produzione non ha ancora risentito. Nel Veronese, infatti, grazie al livello dell’Adige che tiene, non va male. Ma a preoccupare sono i costi di produzione: l’assenza di pioggia costringe gli agricoltori a irrigare in continuazione attraverso pompe e idrovore a gasolio. E ciò significa consumare molto più carburante, che in questo periodo ha prezzi proibitivi. «Alla fine ci si troverà alla prese con conti ben più salati, che si ripercuoteranno sul prezzo finale dei prodotti».
VENDEMMIA A RISCHIO. Senza contare che, a brevissimo, sarà tempo di vendemmia, che si preannuncia una delle più contenute dell’ultimo secolo per la quantità, anche se di buona qualità. «A preoccpuare è la zona pedo-collinare, dai 400 metri sul livello del mare in su, che resta scoperta dalle canalizzazioni e dove ci si arrangia con pozzi privati», aggiunge il presidente di Coldiretti. «Parliamo della parte alta di Marano di Valpolicella o delle colline sopra Tregnago, per esempio. Oggi il sottosuolo ancora tiene, ma con un’altra settimana del genere sarebbe la fine».
BESTIAME ALL’ASCIUTTO. Ma i bollettini Arpav (Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto), che parlano per il Veneto di «deficit pluviometrico con apporti talvolta al minimo storico», spaventano anche gli allevatori. Perché riduzione delle risorse vegetali significa, a cascata, danni anche alle specie animali. Tradotto, per le tavole dei veronesi, significa in primis meno latte. «Nei giorni più caldi, infatti, le nostre vacche ne producono meno», prosegue Berzacola, «si parla anche di un -30 per cento della produzione, con punte che vanno anche oltre nei giorni più roventi». A questo si aggiungono i costi, che crescono a partire da quelli delle materie prime: «I bovini si nutrono di fieno e hanno bisogno delle proteine vegetali contenute nella soia, proprio tra le colture più colpite dall’assenza di precipitazioni». Un gatto che si morde la coda, insomma. Unica «arma» degli allevatori, in questo caso, assicurarsi preventivamente contro questo tipo di calamità come la carenza idrica, sempre più frequenti. «Ma in questo caso è troppo tardi», spiega il presidente, «perché la copertura va richiesta all’inizio della stagione. Mi auguro che sempre più aziende la prendano in considerazione per gli anni futuri». CACCIA RIMANDATA? E la fauna selvatica? Ancor più indifesa, di questi tempi, per le grandi quantità di energia spese per la ricerca del cibo. «Proprio per limitare le drammatiche conseguenze dell’emergenza siccità, chiediamo almeno la revoca dell’apertura della stagione venatoria», è l’appello della Lav al presidente della regione Luca Zaia.
Elisa Pasetto – L’arena – 18 agosto 2012