Tagli o mancato aumento del Fondo sanitario nazionale: può cambiare l’ottica, ma i 29,5 miliardi di risparmi programmati dal governo sono una batosta per i cittadini. Invece dei 3 miliardi in più pattuiti con Roma per il 2015, le Regioni ne avranno solo 1 in più rispetto al 2014.
«Dal 2009 il Fondo sanitario non cresce, mentre la spesa di settore aumenta del 4% all’anno, perciò è come se l’Italia avesse perso il 24% di capacità di acquisto — dice il professor Francesco Longo, direttore di «Oasi», l’Osservatorio della Bocconi sul Sistema sanitario italiano —. Non vengono stanziate le risorse necessarie a soddisfare il bisogno di salute, perciò si abbassa il livello del nostro sistema e noi invece di andare avanti, arretriamo. La sanità italiana spende 1800 euro l’anno per abitante contro i 2500 euro di Francia e Germania, a parità di conoscenze scientifiche, quadro epidemiologico, mercato di farmaci e dispositivi medici. La battaglia delle Regioni è più che ragionevole, perché sono costrette al razionamento delle risorse, a una selezione molto dura di cosa pagare e cosa no, e la gente non lo capisce».
Ricapitoliamo. Il Patto per la Salute aveva previsto: 109,9 miliardi per il 2014, ridotti dalla legge di stabilità a 109; 112,062 miliardi per il 2015, limati a 109 e 715 milioni; 115 miliardi e 444 milioni per il 2016, ridotti a 111. Morale: negli ultimi cinque anni il Fondo sanitario nazionale ha perso per strada 14 miliardi e 706 milioni di euro, il 30% dei quali, cioè 4,3 miliardi, sottratti al biennio 2015/2016. Per il Veneto significa rinunciare a 450 milioni di euro (rispetto al Patto per la Salute ma non in valore assoluto, che invece rimane costante).
Eppure la spesa continua a salire del 4%. Perché? «Per tre motivi — spiega il professor Longo —. Primo: siamo un Paese sempre più vecchio (età media 4,44 anni secondo l’Istat, ndr) e quindi aumentano i malati cronici e i non autosufficienti. Il 30% degli italiani (i veneti sono 1,5 milioni, ndr) soffre di patologie croniche leggere, come ipertensione, diabete, asma, scompenso cardiaco, e consuma il 70% del Fondo sanitario». Quanto ad anziani non autosufficienti, nel Veneto sono 200mila. «Secondo: abbiamo a disposizione tecnologie, farmaci e apparecchiature sempre più efficaci e mini-invasivi, che però costano. Soprattutto in campo oncologico». In effetti, tra 2015 e 2016 le Regioni devono pagare 600 milioni per i farmaci contro l’epatite C, 500 milioni per altri presidi innovativi e 300 milioni per il Piano vaccini. Più altri 350 per il rinnovo dei contratti di lavoro. «Il terzo motivo — completa lo studioso della Bocconi — è che i cittadini sono molto più informati e consapevoli di un tempo, sanno bene a cosa hanno diritto e cosa c’è sul mercato, perciò rivendicano un maggior numero di prestazioni e più sofisticate».
Ci sono poi altre voci da non sottovalutare, evidenziate dai direttori generali delle aziende sanitarie venete. E cioè: i farmaci di ultima generazione contro l’Hiv, quelli epatici e le terapie utilizzate in oncoematologia. Anche i prezzi degli altri presidi medici crescono, per non parlare di quelli relativi ai servizi non sanitari, esternalizzati a cooperative o ditte private, cioè mensa, pulizie interne, pulizie dei vetri, sicurezza. Su questi ultimi la Regione ha imposto una revisione dei contratti finalizzata ad un abbattimento del 5% della spesa, ma non è semplice per i manager convincere i vincitori di gare già al ribasso e in genere pagati oltre i 90 giorni canonici ad accettare un ulteriore ritocco al ribasso. Nel calderone vanno aggiunte le utenze di acqua, luce, gas, telefono, che ogni anno aumentano del 4%-5%. Ma la vera mazzata sono i Livelli essenziali di assistenza (Lea), ovvero le prestazioni che il Servizio sanitario nazionale garantisce «gratuitamente» ad ogni cittadino, cioè dietro corresponsione del ticket. Ogni anno lo Stato ne aumenta la lista che le Regioni sono tenute a rispettare, ma non eroga adeguata, quindi maggiore, copertura finanziaria. E infatti per l’anno in corso i nuovi Lea valgono 900 milioni di euro.
E poi, ricorda la Regione, restano in ballo 173 milioni per i risarcimenti agli emotrasfusi, soldi che però non ci sono ancora e quindi resta «una criticità non risolta».
Ieri sera, a poche ore dall’incontro odierno a Roma tra governatori e premier Matteo Renzi, i sindacati dei medici hanno proclamato lo sciopero unitario per il 16 dicembre, a causa del «grave e perdurante disagio causato ai cittadini da politiche che hanno il solo obiettivo del risparmio economico».
Michela Nicolussi Moro – Il Corriere del Veneto – 4 novembre 2015