Luca Zaia aveva messo in conto tutto: le barricate dem, l’ostruzionismo pentastellato, la sollevazione tosiana. Quello che il governatore non aveva previsto era che, a spaccarsi sul progetto-manifesto della sua rielezione, sarebbe stata la sua stessa maggioranza. Eppure è quanto successo ieri in commissione Sanità, dove Forza Italia, Siamo Veneto e Fratelli d’Italia sono usciti dall’aula in polemica con Lega Nord e Zaia Presidente, accusate di aver depositato la versione finale della bozza sull’Azienda Zero senza farla firmare anche agli alleati, un fuori programma che ha inevitabilmente scatenato le ironie dell’opposizione e le dietrologie degli osservatori.
Siccome i numeri sono numeri, bisogna considerare che leghisti e zaiani (capo compreso) sono 24 su un totale di 51 consiglieri, per cui un’eventuale saldatura fra i «cespugli» del centrodestra e l’insieme delle minoranze potrebbe metterli all’angolo. Il che è effettivamente accaduto a metà mattinata, al quarto piano di Ferro Fini. Dopo settimane e settimane di buio, era prevista la riaccensione della luce sul Pdl 23, con la presentazione della quarta e ultima formulazione della proposta che istituisce l’ente di governance della sanità e ridisegna la mappa delle Usl, in vista della discussione-fiume della settimana prossima (tre sedute già convocate per martedì, mercoledì e giovedì). Come da prassi, ai commissari sono state distribuite le copie dell’emendamento ed è iniziata la lettura del testo, sul cui frontespizio però campeggiavano soltanto gli autografi di leghisti e zaiani. A quel punto Massimiliano Barison (Fi), Antonio Guadagnini (Sv) e Sergio Berlato (Fdi) si sono alzati e se ne sono andati, seguiti dalle opposizioni ad eccezione di Franco Ferrari: «Sono rimasto per buon senso, visto che mancavano solo tre righe alla fine dell’esposizione, ma non sono la stampella di nessuno», ha risposto il morettiano a Movimento 5 Stelle e Lista Tosi, che lo accusavano di aver garantito il numero legale («Questo progetto sarà una Waterloo», ha vaticinato Jacopo Berti. «Ho l’impressione che le sorprese non siano finite», ha concordato Andrea Bassi).
Intanto gli alleati, o presunti tali, continuavano a menare fendenti. Ha lamentato Barison: «Eravamo d’accordo di portare avanti l’iniziativa insieme, se improvvisamente è cambiato il metodo, devono dircelo. Per questo abbiamo chiesto un incontro fra i capigruppo (in agenda già per oggi, ndr. )». Ha aggiunto Guadagnini: «Uno sgarbo di questo genere non va bene». Inizialmente leghisti e zaiani hanno reagito con stizza, minacciando di fare altrettanto con i progetti presentati dal resto dell a coalizione. «Ognuno si assuma le proprie responsabilità», ha scandito il presidente di commissione Fabrizio Boron. Chiosa della dem Alessandra Moretti: «Ecco perché Zaia tiene tanto alla questione di fiducia, gli serve per tenere a bada una maggioranza troppo divisa». Poi però dal Balbi è arrivato l’ordine di derubricare lo scontro a «schermaglie». Così i capigruppo Nicola Finco e Silvia Rizzotto hanno provato a stemperare i toni: «Se c’è stato un disguido nella raccolta delle firme dei colleghi, ce ne scusiamo. Ma nel merito abbiamo accolto tutte le loro indicazioni». Il forzista Massimo Giorgetti non ne era troppo convinto: «Ne manca una, ma non dico quale».
Sussurri di Palazzo sostengono che in ballo ci fosse la presidenza dell’Esu di Padova, chiesta dagli azzurri in contropartita al via libera sull’Azienda Zero. Dopo questa piazzata, chissà se sarà ancora così. Di certo il colpo di scena ha tenuto sullo sfondo i contenuti dell’emendamento, che fra l’altro prevede che per i primi 12-24 mesi l’Azienda Zero sia gestita da un commissario. Critico Claudio Sinigaglia (Pd): «Per uno come Zaia che ha fatto del decentramento la sua ragione di vita, un accentramento di questo tipo è straordinario».
Angela Pederiva – Il Corriere del Veneto – 18 maggio 2016