Veneto Sviluppo, la cassaforte della Regione, è una nave senza nocchiere. Scaduto il consiglio d’amministrazione, incerta la conferma del presidente Marco Vanoni, imminente la partenza del direttore Paolo Giopp, ora l’atteso rinnovo dei vertici esce improvvisamente dall’agenda del Consiglio: le nomine dei nuovi amministratori – 7 espressione della politica, 5 (già designati) delle banche socie – sono state bloccate e rinviate per volontà del Pdl.
Erano annunciate entro una decina di giorni, se ne riparlerà invece dopo l’estate, a condizione che la maggioranza di centrodestra esca dalle secche e raggiunga la sospirata intesa. Con una spada di Damocle, però. Quella del commissariamento: Veneto Sviluppo è una società vigilata da Bankitalia e quest’ultima ha già ammonito gli istituti di credito azionisti a non superare la “prorogatio“ di 45 giorni concessa al cda uscente rispetto all’approvazione del bilancio dell’8 maggio scorso, pena il rischio di nullità degli atti e, ancora peggio, l’avvio della procedura commissariale. Eventualità che, alla luce della paralisi decisionale, assume un’inquietante consistenza. «Sono molto preoccupato perché in questa congiuntura critica è necessaria la massima operatività della finanziaria regionale», è il commento, laconico quanto esplicito, dell’assessore al bilancio Roberto Ciambetti. Ma qual è il nodo da sciogliere? Fonti leghiste alludono polemicamente al litigi in casa azzurra sulla spartizione dei candidati e l’opposizione di centrosinistra denuncia «l’intollerabile empasse»; ma il capogruppo pidiellino, Dario Bond, nega con decisione questa lettura dei fatti: «Non è questione di nomi né di poltrone ma di sostanza.Noi non vogliamo piantare delle bandierine su Veneto Sviluppo, vogliamo riformare la sua politica creditizia e finanziaria che attualmente è di scarsa utilità al comparto vitale dalle pmi e privilegia soprattutto le aziende di grandi dimensioni. Se non c’è la volontà di cambiare musica è inutile cambiare i suonatori». Una critica ripresa e argomentata da Costantino Toniolo, il presidente della prima commissione di Palazzo Ferro-Fini: «Nel2011 la percentuale di operazioni di Veneto Sviluppo nei confronti delle imprese fino a dieci dipendenti è stata del 65%, ma se guardiamo al totale di risorse erogate siamo a poco più del 20%. Troppo poco se si considera che, da sole, costituiscono quasi il 90% del tessuto produttivo regionale». Il caso è finito sul tavolo del governatore Luca Zaia, comprensibilmente allarmato dagli ostacoli frapposti alla leva fondamentale del piano anti-crisi regionale. L’intervento, coordinato dall’assessore Isi Coppola, dispone di un plafond di 350 milioni e si propone, tramite i fondi di rotazione, di garantire liquidità alle attività produttive asfissiate dall’assenza di credito. Misure urgenti, addirittura vitali dinanzi al panorama sempre più cupo dell’economia veneta, scandito da fallimenti aziendali, disoccupazione crescente, suicidi tra gli imprenditori e i lavoratori. Soccorrere le imprese e il lavoro rappresenta quindi la priorità assoluta ma richiede strumenti e uomini adeguati. Ma i tempi della politica, una volta di più, non coincidono con quelli dell’economia e dello sviluppo.
Il Mattino di Padova – 7 giugno 2012