Si sta avviando a conclusione l’indagine della procura della Corte dei conti sulle spese sostenute dai gruppi del consiglio regionale nel 2012 e nel 2013. Una vicenda annosa, contestata sotto molti punti di vista (dal Tar alla Corte costituzionale), che da quanto lascia intendere il procuratore Carmine Scarano non si concluderà affatto con una richiesta di «archiviazione».
Anzi. «Ci sono scontrini e ricevute relativi ad alcuni pranzi e ad alcune cene che non ci convincono – ha spiegato ieri Scarano, a margine del giudizio di parificazione a Ca’ Corner – perché dev’essere chiaro che l’esibizione dello scontrino mette sì al riparo da possibili contestazioni fiscali, ma non spiega affatto se quella spesa, pagata con soldi pubblici, è stata sostenuta legittimamente, nell’ambito del mandato consiliare, oppure al di fuori di questo, per altri scopi. Più chiaramente: se uno mi presenta lo scontrino di un prestigioso ristorante di Venezia, senza altre pezze giustificative, io come posso verificare se ci è andato con la moglie o se ci è andato con un interlocutore istituzionale?».
La fase di ricognizione da parte della procura è quasi giunta al termine, Scarano si limite a dire che «le spese che contesteremo sono diverse» e riguardano «più gruppi». Nulla di paragonabile al Suv acquistato da «Batman» Fiorito, ai giochini erotici scoperti in Alto Adige o alle mutande verdi scelte come cadeau in Piemonte («Il Veneto è una Regione sostanzialmente seria. Spero di non essere smentito…» ha sorriso Scarano) ma resta il fatto che i consiglieri nel mirino dei magistrati contabili potrebbero essere chiamati non soltanto a restituire i denari in questione ma anche a rispondere dell’ipotesi di falso.
C’è poi il capitolo del Mose, su cui sempre il pool guidato da Scarano sta lavorando a corollario dell’inchiesta penale. «Ci voleva quest’ultimo grimaldello, pesante, per portare alla luce quel che è successo, aprendo la strada anche sul fronte del danno amministrativo – ha detto il procuratore – i soldi che sono stati illecitamente sottratti allo Stato e alla Regione dovranno essere restituiti: è compito della nostra procura seguire le fasi esecutive della riscossione e l’esperienza ci dice che, salvo casi di conclamata insolvenza, l’obiettivo viene raggiunto». C’è poi un aspetto in più, curioso: i condannati che al tempo delle loro malefatte dipendevano dal Pubblico o ricoprivano incarichi pubblici saranno tenuti a risarcire anche «il danno d’immagine» patito dall’istituzione di cui facevano parte. Come verrà quantificato? «Dipende da molti fattori, compreso il clamore mediatico che ne ha accompagnato la vicenda processuale» ha chiosato Scarano.
Ma.Bo. – Il Corriere del Veneto -26 settembre 2014