Dopo la siccità, le tossine. Non c’è tregua per l’agricoltura: il nemico capace di mettere di nuovo in ginocchio i produttori si chiama “aflatossina”, un fungo cancerogeno che attacca le piante di mais destinate all’alimentazione animale.
Tra Miranese e Riviera, proprio a causa della siccità, ha colpito fino al 70% delle colture di cereali, comprese quelle che il secco estivo aveva risparmiato. Tossine. Le aflatossine altro non sono che muffe: un fungo a tutti gli effetti, ma velenoso. Negli aridi mesi che hanno caratterizzato l’estate appena trascorsa ha attaccato interi ettari di mais, favorita proprio dall’aridità record, divorando dall’interno le piante indebolite da secco e carenza d’acqua e contaminandole fino a renderle inutilizzabili. La raccolta? Fatta lo stesso, ma è tutto da buttare perché l’aflatossina è altamente cancerogena e dunque nociva per la salute animale e umana. Effetti. La conseguenza dell’ipotetica ingestione del mais contaminato sarebbe di per sé micidiale. Effetti terribili sono stati riscontrati sui più comuni animali da reddito che si cibano dei cereali con la muffa: suini, equini e bovini. È stato scoperto ad esempio come nei maiali il fungo provochi un aumento dell’aggressività che in alcuni casi porta gli animali ad attaccarsi tra loro. Nei bovini l’aflatossina ha altri effetti: contamina il latte. E nell’uomo? «Siamo al riparo», dicono gli esperti, «controlli serrati vengono effettuati sia sul mais raccolto che sul latte, che arriva sulle nostre tavole sicuro». Danni. Scongiurate conseguenze per l’uomo, restano i danni. Interi ettari di mais da buttare. «Una soluzione tampone ci sarebbe per salvare almeno parte del raccolto», afferma il segretario di zona di Coldiretti Fabio Livieri, «l’essicazione del prodotto, che però prevede costi che, vista la situazione, gli agricoltori non possono permettersi». «Altrimenti», aggiunge Massimo Coletto della Cia, «il prodotto arriva nei centri di raccolta, viene analizzato e poi distrutto: così non può essere commercializzato». Non rimane che chiedere i danni. Tra i primi a muoversi, oltre le categorie, c’è il Comune di S. Maria di Sala. «Abbiamo chiesto all’Agenzia del territorio gli sgravi fiscali previsti in caso di annata con perdite di prodotto superiori al 30%», spiega l’assessore alle Attività produttive Gabriele Ragazzo, «e al Ministero delle politiche agricole, per mezzo della Regione, lo stato di eccezionale calamità».
La Nuova Venezia – 22 settembre 2012