Meno ospedale, più territorio. Ma il cittadino trova sul territorio la risposta di cui ha bisogno? Lorenzo Adami, segretario delle Fimmg: «Il processo di riorganizzazione è in corso ma è in gioco il rapporto fiduciario»
Meno ospedale, più territorio. È il mantra degli ultimi anni, rilanciato e amplificato da più assessori regionali alla Sanità, dirigenti delle aziende sanitarie e rappresentanze di medici e infermieri. Un obiettivo che costituisce l’architrave della proposta di Piano socio-sanitario 2012-2016, arco di tempo entro il quale il Veneto dovrà adeguarsi agli standard nazionali: 3 posti letto per acuti ogni mille abitanti; 0,5 posti letto per post acuti e 1,2 per strutture extraospedaliere. Cosa è accaduto al territorio nel frattempo? La medicina di base è stata potenziata? Il cittadino è in grado di trovare nel territorio (l’ambulatorio del medico di famiglia, del distretto o dell’Utap, piuttosto che nell’ospedale dismesso) la risposta di cui ha bisogno? Giriamo la domanda al dottor Lorenzo Adami, segretario provinciale della Fimmg, la sigla sindacale più rappresentativa dei medici di medicina generale. «Il processo di riorganizzazione è in corso», risponde il medico, «e lo dimostra il fatto che l’attività del medico di famiglia negli ultimi anni è in continuo aumento, sia come accessi agli ambulatori sia come attività burocratica». Burocrazia che vi sottrae molto tempo e molti assistiti, per questo, riferiscono che da anni il proprio medico non li visita e si sentono in un certo senso traditi… «È vero, il tempo per le visite è sempre meno. La burocrazia ci soffoca e costituisce un elemento di criticità. Pensiamo solo al tempo che richiede il rinnovo annuale del ticket per le esenzioni». Una signora di 70 anni che abita a Borgo Nuovo ci ha segnalato che il suo medico di famiglia, che opera all’Utap Casa di salute di via Brunelleschi, le ha dato appuntamento dopo 18 giorni: è fisiologico? «Non è normale; mi auguro che sia un caso limite, una visita non urgente, la lettura di un referto. Ma anche in questo campo dobbiamo confrontarci con la legge regionale del 2005, la quale chiarisce che le visite nello studio del medico di famiglia, salvo emergenze, avvengono su prenotazione. Di norma la visita avviene entro 24-48 ore; in caso di urgenza si telefona o ci si presenta in ambulatorio. Fra una prenotazione e l’altra il medico deve visitare chi sta male. Questa riorganizzazione va vista positivamente: si sveltiscono gli accessi e si previene l’affollamento negli ambulatori; chi lavora non perde tempo. È in gioco il rapporto fiduciario: il medico non deve abusare della pazienza dell’assistito e l’assistito non deve abusare della disponibilità del medico». Nell’Ulss 20 un medico di famiglia ha in carico una media di 1.250 assistiti: non sono troppi? «Il numero è adeguato; il tetto massimo è di 1.500 assistiti a medico. Il problema è un altro: il medico di famiglia è sempre più solo, è il parafulmine delle lamentele dei cittadini, lamentele che spesso sono motivate. La riduzione della disponibilità delle prestazioni ospedaliere si sente, eccome!». Si riferisce alle liste di attesa, al privato che a volte può risultare più conveniente del pubblico? «Esatto. E cito un esempio che mi è capitato l’altro giorno per inquadrare il problema. Ho prescritto a un mio assistito un’ecografia urgente alla tiroide per un nodulo sospetto. Fatta l’ecografia, è tornato da me con la richiesta di una biopsia: sulla ricetta rossa metto codice B, ossia da effettuare entro dieci giorni. L’Azienda ospedaliera potrà fare la biopsia, e quindi l’esame istologico, il primo agosto. Il sistema si è inceppato e tocca a noi medici di famiglia mediare, trovare la soluzione». E spesso siete costretti a invitare il vostro assistito a rivolgersi al privato… «Capita sempre più spesso. Quel signore ha cercato altre soluzioni, ma non le ha trovate. Per fortuna il privato sta praticando, causa la crisi, una sorta di assistenza solidale, grazie alla quale il mio assistito potrà fare la biopsia domani, pagando 60 euro. In ospedale avrebbe pagato 46 euro di ticket, ma l’ansia in certi casi va placata a qualunque prezzo». Da almeno cinque anni si parla di medici di famiglia in èquipe per tenere gli ambulatori aperti 12 ore: dalle Utap siamo passati alle teoria delle aggregazioni funzionali territoriali. In realtà cosa trova il cittadino? «I medici di base della Fimmg sono pronti da due anni a dar vita alle Aft, le aggregazioni funzionali che consentiranno ai medici di ricevere gli assistiti dalle 7 alle 12 ore ogni giorno, dal lunedì al venerdì. Sappiamo che il progetto sta molto a cuore all’assessore alla Sanità, Luca Coletto. Aspettiamo notizie»
L’Arena – 19 aprile 2013