Azienda ospedaliera, arriva il commissario? Un nuovo direttore generale oppure un commissario straordinario? Il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha 40 giorni per decidere cosa accadrà al vertice dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata dal primo gennaio 2015. Sandro Caffi, attuale direttore generale, è in scadenza di mandato e non potrà ricandidarsi per raggiunti limiti di età.
Chi metterà al suo posto il presidente del Veneto? Nelle corsie degli ospedali cittadini l’ipotesi più gettonata è quella del commissario straordinario, che Zaia nominerebbe per allineare a dicembre 2015 la scadenza di tutti i direttori generali delle 22 Uiss venete, delle due Aziende integrate e dell’Istituto oncologico del Veneto, evitando così quegli spostamenti di cui si vocifera giada tempo. Muovere le pedine sulla scacchiera a fine mandato, con la mappa delle alleanze politiche in evoluzione, potrebbe risultare controproducente. Ð voto di primavera per la Regione è dietro l’angolo. Nominando un commissario straordinario, possibilmente un tecnico, Zaia eviterebbe bracci di ferro o patti con part ner e awersari politici. Il clima di incertezza non piace ai medici. Chiarisce il dottor Giuseppe Silvestre della Cimo: «II momento è delicatissimo, c’è bisogno di competenza. Non vorremmo nomine si matrice politica». La lista delle doglianze dei medici ospedalieri è lunga. «Ci sono 24 primari da nominare», specifica Silvestre, «non si può andare avanti con i facente funzione, che per contratto non dovrebbero durare più di nove mesi. Invece i loro incarichi vengono reiterati perché la Regione non decide. Per non tacere della carenza di personale medico e infermieristico. Siamo a livelli di sofferenza enormi, il carico di lavoro non è più sopportabile e a pagarne le conseguenze sono soprattutto i cittadini». La riprova? Le liste di attesa. «Anche con l’apertura serale e festiva le liste non si sono sgonfiate», spiega la dottoressaAnna Tomezzoli di Anaao-Assomed, «per il semplice motivo che il personale è ridotto all’osso e i miracoli non può farli nessuno». «Proprio per far fronte alla carenza di personale», puntualizza il dottor Silve stre, «abbiamo proposto all’Azienda di stipulare contratti di due anni agli specializzandi, per responsabilizzarli e utilizzarli ad esempio nella diagnostica strumentale, l’ambito più sofferente». «Le liste di attesa negli ospedali», aggiunge il segretario dei medici di famiglia, Lorenzo Adami, «aprono inevitabilmente la strada alla sanità privata e convenzionata, con un doppio danno per quella pubblica. Non c’è altra soluzione: il territorio va potenziato. L’ospedale deve essere il punto di riferimento per le urgenze e le emergenze, non per gli esami di routine. E la Regione metta finalmente in campo un serio piano di prevenzione delle patologie croniche o il sistema andrà al collasso».
L’Arena – 20 novembre 2014