Aperta nel 1932, in via Santa Chiara a Veronetta, fu rilevata nel 1957 dagli attuali gestori che hanno mantenuto intatto l’arredamento del locale. I fratelli Giuseppe e Andrea hanno deciso di lasciare: «Sono cambiate le richieste e con la concorrenza dei centri commerciali è difficile sopravvivere»
Appesi sull’ingresso, ad accompagnare i clienti dalla strada al negozio, proprio in fianco alla targa che la intitola «Bottega storica», c’erano dei grandi teli bianchi. Una volta, lì, venivano appesi i pezzi di carne migliore, per attrarre i clienti.
Un’usanza che appartiene al passato ma che è stata conservata anche ora che è impensabile esporre la carne fuori dal negozio, affacciata sul passaggio delle auto. Ora quei teli bianchi non ci sono più. La macelleria Zardini di via Santa Chiara, a Veronetta (zona Giardino Giusti) è chiusa.
Per ottant’anni era rimasta tale e quale a quella del 1932: i marmi del pavimento, l’arredo essenziale del negozio, il portone in ferro battuto che ne ha ritmato l’apertura e la chiusura per oltre mezzo secolo.
Negli anni sono cambiati i frigoriferi, il bancone, soprattutto i tagli di carne in vendita. Lo spirito, però, era rimasto quello di un tempo.
Con essa se ne va un altro frammento della Verona di un tempo. Soprattutto, di quel concetto di negozio di vicinato e di attenzione al cliente che poco ha a che vedere con le logiche di marketing e molto con il contatto diretto tra gli abitanti del quartiere e del rione cui l’attività appartiene.
Quella di chiudere per i fratelli Zardini, che hanno ereditato il lavoro da papà Luigi, è stata una decisione ponderata a lungo. Ma inevitabile. A dividerli, infatti, ci sono 17 anni di differenza. Giuseppe, il maggiore, è sulla soglia della pensione mentre per Andrea il cammino è ancora lungo. «Non me la sento da solo di portare avanti l’attività: una persona non è sufficiente a far fronte a tutto. Con la concorrenza di supermercati e centri commerciali che hanno orari d’apertura decisamente dilatati, sopravvivere è diventato difficile già in due», spiega Andrea. «Chiudiamo per scelta, una scelta sofferta e dovuta a considerazioni sia personali che oggettive. Ma qui lasciamo il cuore e la testa», aggiunge Giuseppe che ha tre figli, ormai in età adulta ed è addirittura nonno. Ma nessuno di loro ha voluto seguire le orme di padre e zio. «A dire il vero sono io il primo ad averglielo sconsigliato. Dalla metà degli anni Novanta in poi, dalla psicosi mucca pazza, sono cambiate le richieste delle gente sui tagli di carne. E mentre prima di una bestia non si buttava nulla, ora gli scarti sono altissimi», prosegue Giuseppe. A cambiare, rispetto a 55 anni fa, è stata la modalità stessa di stare a tavola, gli usi, i pranzi della domenica che riunivano varie famiglie. «Ora il pranzo, per lavoro e per svago, viene spesso consumato fuori casa. E la cena dev’essere il più veloce possibile da mettere in tavola, con cotture di minuti, non certo i tempi che richiedono arrosti, brasati, brodo», spiega Giuseppe al di là del bancone che infatti espone vitello tonnato già pronto al consumo, polpette già aromatizzate, verdure già cotte e insalata già lavata.
Con la chiusura della macelleria, non verrà a mancare un semplice punto vendita ma una, l’ennesima, di quelle realtà radicate nel centro storico e che ne rappresentano una risorsa e una ricchezza per chi lo abita. I fratelli Zardini, infatti, effettuano anche servizio di spesa a domicilio, per lo più agli anziani, con mansioni che vanno ben al di là della semplice consegna. «Rappresentiamo un punto d’incontro e una compagnia per molte persone. Spesso facciamo anche ciò che non ci compete: oltre ovviamente a scambiare quattro chiacchiere, anche accompagnare il cane in giardino, spostare qualche pacco pesante, addirittura, una volta, la richiesta di fare bancomat», aggiunge Andrea.
L’Arena – 31 luglio 2012