«Il problema sta sfuggendo di mano alle autorità provinciali». Un ettaro di prato sistemato solo due anni fa e reso fertile per il pascolo primaverile è stato saccheggiato da un branco di una quindicina di cinghiali che venerdì scorso hanno scorazzato sul luogo sebbene ancora coperto di neve.
«Proprio la presenza di neve ci faceva sperare di poter contare di salvare questo pascolo», raccontano delusi Davide e Laura Giacopuzzi, fratello e sorella, titolari dell´azienda agricola e agriturismo Le Coste, ultima casa della frazione Fosse di Sant´Anna d´Alfaedo prima della vetta del Corno d´Aquilio.
Lei laureata in scienze gastronomiche, specialistica della facoltà di Agraria e lui agrotecnico con la passione per l´allevamento, hanno investito i risparmi dei genitori e la loro voglia d´impresa nell´allevamento di vacche da latte, nel piccolo caseificio aziendale e nell´agriturismo. Da sei mesi i loro sogni si scontrano con quanto sta succedendo un po´ in tutta la Lessinia. Lo scorso novembre il pascolo di Malga Fanta, al confine con la Provincia autonoma di Trento e all´interno del Parco della Lessinia, fu devastata per una quindicina di ettari, arati dai cinghiali. Lì ogni estate salgono le 20 vacche da latte e le 40 manze dell´azienda, su un pascolo che con il contributo del Parco era stato bonificato, estirpando le erbacce e seminando essenze pregiate per il miglior latte e formaggio.
Proprio lunedì prima di Pasqua era salito il tecnico della Provincia per la valutazione dei danni e quattro giorni dopo c´è stato il nuovo assalto su un prato che finora si era salvato perché vicino a casa. «È anche questo che ci spaventa», dicono i Giacopuzzi, «perché ci troviamo di fronte ad animali ormai confidenti, che non hanno paura di nulla. Erano da poco passate le 20, ma c´erano luci accese attorno a casa, il motore della mungitrice in funzione, il cane in cortile, ma sono passati davanti alla porta di casa indisturbati dirigendosi dritti nel pascolo».
Il danno è notevole, con zolle sollevate, il cotico erboso distrutto dalla schiera di musi grufolanti alla ricerca di cibo: si tratta di un prato che due anni fa era stato sistemato sostenendo anche diverse spese per il movimento di terra e la semina. «Per noi è importante perché è il prato più vicino a casa che utilizziamo come area di adattamento per i capi prima dell´alpeggio, quando si inizia a passare dall´alimentazione secca dell´inverno a quella verde estiva. Vacche e manze vengono tenute qui una ventina di giorni prima di essere portate in malga, ma quest´anno non avranno il beneficio della prima erba», dicono.
Inoltre, con i danni provocati al prato, hanno quantificato in 8mila euro il costo del fieno in più che devono acquistare per equilibrare il mancato sfalcio. «Il perito della Provincia ci ha anticipato che, se saremo pagati, ricaveremo al massimo il 10 per cento della cifra necessaria per il ripristino del pascolo: in queste condizioni ci costringono a chiudere, perché oltre a dover sostenere i costi di bonifica dei terreni, non potremo neanche contare sul vantaggio di affittare le manze di altri allevatori da portare in alpeggio: con meno superficie a pascolo è anche minore il numero di capi che si possono trasferire», spiega Davide.
L´invadenza dei cinghiali è sempre più documentata non solo sulle coltivazioni. Nella vecchia stalla che hanno in una contrada isolata, dove tengono i vitellini, la presenza è testimoniata dalle numerose impronte attorno all´edificio: «Hanno tentato anche di sfondare la porta, attratti dall´odore del mangime che vi si conserva all´interno. Se fossero riusciti ad entrare, per lo spavento qualche vitellino avrebbe potuto fare una brutta fine», aggiungono i Giacopuzzi.
Chiedono solo di essere ascoltati «perché il problema sta sfuggendo di mano alle autorità e da parte di tanti non c´è neanche coscienza della dimensione del fenomeno a cui siamo chiamati a rispondere da soli, impegnando risorse di tasca nostra».
L’Arena – 4 aprile 2013