Come dirlo senza mezze misure: «Il voto? Non vale un fico». Dimenticatevi la lode, e anche il 110, il punteggio massimo per chi si laurea. Parola di Giuliano Poletti, ministro del lavoro, che ieri ha inaugurato a Verona la 25esima edizione di Job&Orienta, il salone (realizzato in collaborazione con la Regione) dedicato a giovani, lavoro e formazione e orientamento.
Il ministro, dopo un breve colloquio con i giornalisti, ha visitato gli stand della fiera e si è intrattenuto a parlare con gli studenti. «Il grosso problema che abbiamo – ha detto – è quello che i giovani entrano troppo tardi nel mondo del lavoro. Si parla di anni a confronto dei loro coetanei degli altri paesi europei e non solo. Me l’ha riassunto bene un ex studente della Cattolica: “Lavorando mi sono trovato accanto a ragazzi indiani che facevano esattamente le mie stesse cose. Solo che io avevo 28 anni, loro 21. Si capisce che un ragazzo non può permettersi di uscire dall’università anni dopo, per aver girato intorno per prendere il massimo. Meglio laurearsi a 21 anni con un 97, a questo punto: almeno si è in partita».
Non è un pubblico casuale quello che ascolta le parole del ministro Poletti: nell’auditorium della Fiera, dove ieri si è aperto il Job&Orienta, molti studenti delle scuole superiori. Quelli che a breve, per l’appunto, dovranno scegliere il loro futuro. Come Fabio, studente un istituto tecnico di grafica. «Quali sono le competenze più importanti per cominciare a lavorare?» chiede. «Puntate anche sulle cosiddette soft skills – risponde Poletti – ovvero l’insieme che comprende la capacità di lavorare con gli altri, di fare team».
Alessandro, futuro perito meccatronico: «Cambieranno le modalità di contratto con il Jobs Act?». Risposta: «Abbiamo provato a costruire un sistema che metta insieme scuole e mercato del lavoro, qualcosa di connesso e flessibile. C’è ancora qualcosa da fare: quando parlo con i giovani, nessuno si lamenta dell’articolo 18. Ma tutti dicono che fanno fatica a vedersi riconoscere i meriti. Ecco, credo che in Italia manchi una cultura del merito: se qualcuno ha avuto successo, secondo l’opinione comune, deve avere imbrogliato». Da dimenticare, invece, il lavoro com’era una volta: «Trent’anni di posto fisso, otto ore al giorno, dal lunedì al venerdì. Il lavoro ora è soprattutto relazione: è fare un’attività che si sente come vocazione, anche se talvolta non è pagata e se costringe a svolgere un impiego fuori orario».
Poletti è anche tornato sulla specificità positiva di Verona per quanto riguarda i dati dell’economia e dell’occupazione. Un paio di settimane fa, all’assemblea degli industriali scaligeri, aveva parlato di «modello Verona». «Verona ha di bello – dice a tal proposito il ministro Poletti – che non ha un prodotto, un distretto tipico, mono produttivo. Dall’agro-industria, all’agricoltura, alla logistica ai servizi, alla meccanica, alla meccatronica, all’elettronica: ha una così grande pluralità di segmenti, settori, situazioni che da una parte compensa le fluttuazioni di mercato e le crisi, e dall’altra massimizza le integrazioni».
Tra i temi affrontati nel corso della prima giornata, anche quello dell’apprendistato. Il sottosegretario all’Istruzione Luigi Bobba ha promesso «nuovi fondi» soprattutto per i tutor che dovranno affiancare gli studenti. Ma dalle categorie, come Confindustria, Confartigianato e Confcommercio arriva un monito: «Sia una vera scuola, non un semplice incentivo all’assunzione».
Job&Orienta prosegue oggi e va avanti fino a domani. Sono in programma un totale di 200 eventi con la partecipazione di 350 relatori. E oggi in fiera a Verona è atteso l’arrivo di un altro ministro, quello all’Istruzione Stefania Giannini.
Alessio Corazza e Davide Orsato – Il Corriere di Verona – 27 novembre 2015